Il 7 luglio la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani ha stabilito (per sedici voti a uno) che la condanna di un cittadino armeno testimone di Geova a seguito del suo rifiuto di prestare servizio militare, ha violato l’art. 9 della CEDU, così ribaltando la precedente sentenza data sullo stesso caso dalla Terza Camera della Corte.
La sentenza ribaltata della Terza Camera era in linea con la tradizionale giurisprudenza di Strasburgo, secondo cui la Convenzione non garantisce un diritto all’obiezione di coscienza.
Tuttavia, i giudici della Grande Camera ribadiscono che la Convenzione è uno “strumento vivente” (§ 102), che deve essere interpretato alla luce delle condizioni presenti. Essi dunque non possono non tenere conto degli sviluppi che, tanto a livello internazionale, quanto a livello europeo, hanno caratterizzato negli ultimi anni l’approccio degli Stati verso questa materia.
Oggi, Azerbaijan e Turchia sono gli unici Stati membri del Consiglio d’Europa che non prevedono una legge sull’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza.
Pur riconoscendo che la Convenzione non prevede espressamente tale diritto, i giudici di Strasburgo affermano qui che l’opposizione al servizio militare, qualora motivata da un serio e insormontabile conflitto fra l’obbligo di servire e la coscienza personale o i convincimenti (religiosi o di altro tipo) profondi e genuini di un individuo, costituisce una convinzione tale da attrarre la protezione dell’art. 9 CEDU (§ 110) e dunque può essere limitata solo in determinati casi, necessari in una società democratica.
Al di là dell’importanza del caso in sè (l’Armenia aveva nel frattempo rilasciato il ricorrente e adottato un atto di amnistia verso tutti gli obiettori di coscienza), pare che la Grande Camera della Corte abbia voluto chiarire la sua posizione sull’argomento, modificando una giurisprudenza che, oggi, dato il consenso pressoché unanime a livello europeo sull’esistenza del diritto all’obiezione di coscienza, non aveva più ragion d’essere.
Resta però il dubbio: fino a che punto può spingersi la Corte di Strasburgo nel “creare nuovi diritti” (soprattutto su temi più sensibili e controversi)? Si veda a proposito l’opinione contraria del Giudice Gyulumyan.
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