Il 18 aprile 2011 il Consiglio di Stato francese ha richiesto in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE un’interpretazione della Direttiva Accoglienza. In particolare, le richieste del giudice nazionale a quello europeo sono le seguenti:
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la Direttiva 2003/9/CE si applica ai richiedenti asilo rispetto ai quali uno Stato decide di chiedere a un altro Stato membro di assumere responsabilità ai sensi del Regolamento Dublino II, durante la relativa procedura?
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Se sì, quando cessa per il primo Stato membro l’obbligo di garantire le condizioni di accoglienza? E quale Stato deve pagare le misure necessarie?
L’UNHCR ha presentato un intervento nel procedimento davanti alla Corte di Giustizia UE, ritenendo questo rinvio pregiudiziale un’ottima opportunità per fare chiarezza sul punto.
L’intervento ricorda come la Corte europea dei Diritti umani, nel recente caso M.S.S. c. Belgio e Grecia, ha ritenuto che la situazione di privazione materiale e di prolungata incertezza dovuta all’incapacità dello Stato di fornire ai richiedenti asilo condizioni di vita rispettose della loro dignità costituisce una violazione dell’art. 3 CEDU.
Secondo l’UNHCR, niente nella Direttiva Accoglienza esclude dall’applicazione i richiedenti asilo soggetti alla procedura secondo il Regolamento Dublino II, mentre altri casi (ad es. chi richiede asilo nelle ambasciate degli Stati membri) sono espressamente esclusi (art. 3 Direttiva Accoglienza).
L’opinione dell’UNHCR, pertanto, è la seguente: alla luce del testo e dell’obiettivo della Direttiva Accoglienza, essa si applica anche ai richiedenti asilo soggetti alla procedura-Dublino.
La responsabilità dello Stato che trasferisce il richiedente (inclusi i costi) dovrebbe estendersi fino all’effettivo trasferimento, cioè fino a quando il richiedente asilo si trova al confine dello Stato responsabile per l’esame della domanda.
Vai alla sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia