Il 23 e 24 maggio 2011 una sotto-Commissione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa si è recata in visita a Lampedusa, a seguito di un dibattito urgente svoltosi in aprile in seno alla stessa Assemblea, sul tema degli arrivi massicci di migranti e rifugiati sulle coste dell’Europa del Sud.
La visita a Lampedusa, di cui lo scorso 30 settembre è stato pubblicato il rapporto, rappresenta la prima fra una serie di visite che la sotto-Commissione ha deciso di fare nei Paesi del Mediterraneo interessati dagli arrivi di flussi migratori misti.
Il rapporto, che ripercorre la storia di questo difficile 2011 per l’isola di Lampedusa, contiene alcuni passaggi che meritano di essere sottolineati.
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relativamente alla critica situazione verificatasi in marzo, il rapporto afferma che (§19) se i centri sull’isola fossero stati riaperti tempestivamente e un efficace sistema di trasferimenti fosse stato messo in piedi, la situazione non sarebbe degenerata in quella maniera;
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relativamente all’incendio scoppiato nel centro di Contrada Imbriacola il 20 settembre e alle violenze scatenatesi successivamente, non si può parlare di una sorpresa (§ 24). Il centro di accoglienza di Lampedusa non è adatto come centro di trattenimento, né (§ 59) è previsto come tale dalla legge. Nella pratica, tuttavia, i migranti vi sono rinchiusi senza avere accesso a un giudice (§ 55);
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è essenziale (§ 30) che i trasferimenti verso altri centri altrove in Italia siano effettuati prima possibile, siccome i centri di Lampedusa sono insufficienti ad ospitare tutte le persone che arrivano e inadatti a permanenze di molti giorni;
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il centro della base Loran non soddisfa gli standard internazionali: i bagni sono insufficienti e uomini, donne e bambini non sono adeguatamente separati (§ 34);
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sarebbe saggio (§ 35) considerare al più presto strade per aumentare le possibilità di accoglienza dell’isola, ad esempio (§ 36) prevedendo a questo scopo soluzioni temporanee e mobili – come tende;
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è inoltre fondamentale che le autorità pubbliche monitorino regolarmente la gestione – affidata a privati – delle strutture, che deve rispettare gli standard internazionali, in particolare quelli fissati dall’UNHCR (§ 37)
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quando molte persone arrivano contemporaneamente e i trasferimenti sono effettuati rapidamente, talvolta i nuovi arrivati non sono informati del loro diritto di chiedere asilo a Lampedusa, ma solo nel centro dove sono trasferiti. Ciò diventa problematico nel caso in cui persone, in particolare di certe nazionalità, vengano invece direttamente rimpatriate (§ 50);
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i due centri non sono adatti a ospitare minori, in quanto manca una separazione fra questi e gli adulti (§ 63);
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da quando la Protezione Civile ha preso in mano la gestione degli arrivi e dei trasferimenti, la situazione sembra meglio organizzata (§ 67). A seguito di un Piano di accoglienza nazionale, sottoscritto con le Regioni, i nuovi arrivati sono trasferiti appena possibile in altre zone d’Italia (§ 68);
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la situazione creata all’inizio del 2011 e i fatti della fine di settembre avranno conseguenze irreparabili per gli abitanti di Lampedusa (§ 77). Peraltro, (§ 82) i fatti recenti erano prevedibili e derivano dal ricorso al trattenimento in un centro destinato all’accoglienza;
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il rapporto esprime altresì la preoccupazione della sotto-Commissione per il nuovo accordo fra l’Italia e le autorità libiche firmato a Bengasi. La situazione in Libia non è tranquilla e ogni tentativo di rifiutare l’accesso a persone bisognose di protezione internazionale costituirà una violazione degli obblighi internazionali dell’Italia (§ 88).
Il rapporto contiene infine alcune raccomandazioni (§ 92), che riprendono i punti toccati sopra, e (al paragrafo 93) l’invito agli Stati membri dell’UE a dimostrare una maggiore solidarietà, offrendo assistenza ai Paesi – inclusa l’Italia – che si stanno confrontando con gli arrivi dal Mediterraneo e accettando trasferimenti di migranti sui loro territori.