Il 26 e 27 gennaio scorsi si è svolto un incontro informale dei Ministri Giustizia e Affari Interni dell’UE.
In quanto informale, il Consiglio non ha adottato formalmente decisioni.
Tuttavia, la “bozza” fatta circolare dalla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione – in capo alla Danimarca per il primo semestre del 2012 – in vista della riunione, ci dà lo spunto per parlare di un concetto importante, quello della solidarietà fra Stati membri nel campo dell’asilo.
Solidarietà è infatti una parola che mette d’accordo tutti, sulla carta e finché ci si limita ad una generica enunciazione.
Ma da qui a trasformare la solidarietà in azioni concrete, ce ne passa.
Basti pensare, volgendo per un attimo lo sguardo a livello globale, al fatto che, come noto – e come ricordato ai Ministri dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati nel corso della riunione informale –, l’80% dei rifugiati nel mondo vive nelle c.d. nazioni in via di sviluppo.
E che il numero delle domande di asilo presentate nei 27 Paesi dell’Unione europea è oggi ben lontano dalle punte raggiunte anni fa.
Infatti, dal 2004 ad oggi (secondo dati Eurostat), le domande di asilo sono state sempre al di sotto delle 300.000 unità, quando negli anni 2000-2001-2002 (per non andare ancora più indietro nel tempo) il dato si attestava sempre sopra alle 400.000.
Insomma, anche la solidarietà verso i Paesi terzi per trovare soluzioni durature per i rifugiati dovrebbe essere una preoccupazione primaria.
E invece, la risposta degli Stati dell’UE, ad esempio verso i Paesi del Nordafrica in occasione della “Primavera Araba”, non si può certo dire che sia stata particolarmente brillante (V. nostro precedente post qui).
Infatti, dal 2004 ad oggi (secondo dati Eurostat), le domande di asilo sono state sempre al di sotto delle 300.000 unità, quando negli anni 2000-2001-2002 (per non andare ancora più indietro nel tempo) il dato si attestava sempre sopra alle 400.000.
Insomma, anche la solidarietà verso i Paesi terzi per trovare soluzioni durature per i rifugiati dovrebbe essere una preoccupazione primaria.
E invece, la risposta degli Stati dell’UE, ad esempio verso i Paesi del Nordafrica in occasione della “Primavera Araba”, non si può certo dire che sia stata particolarmente brillante (V. nostro precedente post qui).
Quanto all’Unione europea, e in particolare alle sue politiche in materia di immigrazione e asilo, il concetto di solidarietà fra Stati membri è particolarmente importante.
Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ha inserito nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), un articolo (l’art. 80) che espressamente prevede che le politiche dell’Unione relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione siano “governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.”
Il concetto di “solidarietà” si ritrova anche in strumenti non vincolanti, ma di importante valore politico, come il Pattoeuropeo sull’immigrazione e l’asilo, siglato dai Capi di Stato e di Governo nell’ottobre 2008.
Vi si dice, ad esempio, che “il Consiglio europeo ritiene che sia giunto il momento di dare nuovo impulso, in uno spirito di reciproca responsabilità e di solidarietà tra gli Stati membri, alla definizione di una politica comune in materia di immigrazione e di asilo“, tenendo conto “dell’interesse collettivo dell’Unione europea e delle specificità di ciascuno Stato membro“.
Anche la parte del Patto dedicata all’asilo (Punto IV, “Costruire un’Europa dell’asilo“) si sofferma sulla solidarietà.
In questo caso, il Consiglio europeo convenne “di istituire, in caso di crisi in uno Stato membro che deve far fronte a un afflusso massivo di richiedenti asilo, procedure che consentano, da una parte, di mettere a disposizione di tale Stato, a fini di sostegno, funzionari di altri Stati membri e, dall’altra, di manifestare un’effettiva solidarietà a tale Stato attraverso unamigliore mobilitazione dei programmi comunitari esistenti.“.
In questo caso, il Consiglio europeo convenne “di istituire, in caso di crisi in uno Stato membro che deve far fronte a un afflusso massivo di richiedenti asilo, procedure che consentano, da una parte, di mettere a disposizione di tale Stato, a fini di sostegno, funzionari di altri Stati membri e, dall’altra, di manifestare un’effettiva solidarietà a tale Stato attraverso unamigliore mobilitazione dei programmi comunitari esistenti.“.
Ancora, i Capi di Stato e di Governo ribadiscono che “Per gli Stati membri il cui regime nazionale di asilo è soggetto a pressioni specifiche e sproporzionate, dovute in particolare alla loro situazione geografica o demografica, la solidarietà deve anche avere come obiettivo di favorire, su base volontaria e coordinata, una migliore ripartizione dei beneficiari di una protezione internazionale da questi Stati membri verso altri, vigilando affinché i sistemi d’asilo non siano soggetti ad abusi.“
Nel Patto, dunque, la solidarietà è circoscritta a situazioni di crisi o pressioni sproporzionate e consiste:
– nell’invio di funzionari di altri Paesi
– in una migliore mobilitazione dei fondi europei
– nella migliore ripartizione dei beneficiari di protezione (ma su base volontaria).
Nel Patto, dunque, la solidarietà è circoscritta a situazioni di crisi o pressioni sproporzionate e consiste:
– nell’invio di funzionari di altri Paesi
– in una migliore mobilitazione dei fondi europei
– nella migliore ripartizione dei beneficiari di protezione (ma su base volontaria).
Nel Programma di Stoccolma, adottato nel dicembre 2009 e vero e proprio programma di lavoro dell’UE per i successivi cinque anni in materia di Giustizia, Libertà e Sicurezza, la parola “solidarietà” ricorre in molte occasioni.
Il punto 6.2, dedicato all’asilo, è proprio intitolato: “Asilo: uno spazio comune di protezione e solidarietà“.
Vi si dice che “Il Consiglio europeo continua ad adoperarsi per l’obiettivo di stabilire uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale.” E che “è essenziale che agli interessati, indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda d’asilo, sia riservato un trattamento di livello equivalente quanto alle condizioni di accoglienza e di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status. L’obiettivo dovrebbe consistere nell’assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato.“
Insomma, solidarietà fra Stati membri e armonizzazione (di norme e prassi) dovrebbero andare necessariamente di pari passo.
Il successivo punto 6.2.2. (“Responsabilità condivise e solidarietà fra Stati membri“) apre con queste parole: “Occorre promuovere un’effettiva solidarietà con gli Stati membri che sono sottoposti a particolari pressioni.”
Vi si dice che “Il Consiglio europeo continua ad adoperarsi per l’obiettivo di stabilire uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale.” E che “è essenziale che agli interessati, indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda d’asilo, sia riservato un trattamento di livello equivalente quanto alle condizioni di accoglienza e di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status. L’obiettivo dovrebbe consistere nell’assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato.“
Insomma, solidarietà fra Stati membri e armonizzazione (di norme e prassi) dovrebbero andare necessariamente di pari passo.
Il successivo punto 6.2.2. (“Responsabilità condivise e solidarietà fra Stati membri“) apre con queste parole: “Occorre promuovere un’effettiva solidarietà con gli Stati membri che sono sottoposti a particolari pressioni.”
Molto condivisibile appare l’affermazione che segue poco dopo: poiché una delle chiavi per lo sviluppo di un Sistema europeo comune di asilo “credibile e sostenibile è lo sviluppo, da parte degli Stati membri, di capacità sufficienti nei sistemi di asilo nazionali, il Consiglio europeo esorta gli Stati membri a sostenersi vicendevolmentenello sviluppo di tali capacità.”
La Commissione viene pertanto esortata a sviluppare un “meccanismo per la condivisione delle responsabilitàtra Stati membri” e a “creare strumenti e meccanismi di coordinamento che permettano agli Stati membri di sostenersi vicendevolmente nello sviluppo di capacità e che si basino sugli sforzi compiuti dagli Stati membri per accrescere le loro capacità per quanto riguarda i sistemi di asilo nazionali“.
Dunque, nel Programma di Stoccolma, la solidarietà in materia di asilo affianca e sostiene l’armonizzazione e il miglioramento dei sistemi di asilo nazionali. E dovrebbe concretizzarsi in:
– un meccanismo per la condivisione delle responsabilità (che al momento non ci è chiaro)
– strumenti e meccanismi di coordinamento per lo sviluppo di capacità (che dovrebbero essere messi in piedi dall’EASO-Ufficio europeo di sostegno per l’asilo).
Dunque, nel Programma di Stoccolma, la solidarietà in materia di asilo affianca e sostiene l’armonizzazione e il miglioramento dei sistemi di asilo nazionali. E dovrebbe concretizzarsi in:
– un meccanismo per la condivisione delle responsabilità (che al momento non ci è chiaro)
– strumenti e meccanismi di coordinamento per lo sviluppo di capacità (che dovrebbero essere messi in piedi dall’EASO-Ufficio europeo di sostegno per l’asilo).
Le enfasi nei testi virgolettati riportati sopra sono tutte nostre.
Non è certo questo il luogo per addentrarsi oltre nell’analisi, per cui ci limiteremo a citare per ultima la recente Comunicazione della Commissione intitolata “Migliorare la solidarietà tra paesi UE nel campo dell’asilo“ e a rimandare per un’analisi al precedente post di Pietro Tesoriero (qui).
In fondo segnaliamo poi alcuni interessanti materiali per chi volesse approfondire.
Ciò che è chiaro dunque è che il concetto di solidarietà fra Stati membri riveste, già nel quadro giuridico vigente, un ruolo molto importante nella politica europea in materia di asilo.
Ciò che è molto meno chiaro è cosa esattamente si stia facendo per mettere in pratica questa solidarietà.
Prendendo a prestito le parole della “bozza” citata sopra, un primo problema è rappresentato dal fatto che manca una “pre-condizione per la solidarietà”, cioè la fiducia reciproca. La fiducia che gli altri Stati controlleranno i loro confini esterni, che rispetteranno le regole, che non violeranno gli obblighi internazionali cui sono vincolati.
Non è una mancanza da poco, se l’obiettivo è quello di costruire un “Sistema Europeo Comune di Asilo” (art. 78 comma 2 TFUE) e considerato che l’Unione è chiamata a sviluppare “una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri“, e che sia anche “equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi.” (art. 67 comma 2 TFUE).
In un prossimo post cercheremo di capire in cosa consiste per ora la solidarietà fra Stati membri nel campo dell’asilo e cosa è lecito aspettarsi per il prossimo futuro.
Materiale per approfondire:
Studio dell’UNHCR “Putting solidarity to the test: assessing Europe’s response to the asylum crisis in Greece“
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