Ancora una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che fornisce l’interpretazione di uno degli atti che compongono il sistema europeo comune di asilo.
Lo scorso 22 novembre, i giudici di Lussemburgo hanno risposto ad una domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 4 § 1 della Direttiva Qualifiche, avanzata da un giudice irlandese nel caso M.M. (C-277/11).
Si tratta di una sentenza molto particolare, in quanto nasce da un caso intrinsecamente legato alla particolare procedura di asilo irlandese (V. box più sotto). Tuttavia, siccome la Corte richiama e chiarisce alcuni principi generali, in particolare relativamente al contenuto dell’obbligo di cooperazione con il richiedente asilo e al diritto al contraddittorio, riteniamo importante occuparcene.
Questi i fatti principali alla base della causa.
Il signor M., un ruandese tutsi che ha chiesto asilo in Irlanda, lamentava, nel suo Paese, discriminazioni sul lavoro, legate alla sua opinione politica e, in particolare, allecritiche che egli aveva rivolto al modo in cui le investigazioni sul genocidio del 1994 erano state condotte. Egli lamentava inoltre il rischio di essere perseguito davanti a un tribunale militare per questo stesso motivo.
Ottenuto un visto per l’Irlanda nel 2006 per motivi di studio, il sig. M. vi rimaneva per effettuare ricerche in materia di genocidio e crimini di guerra.
Poco dopo la scadenza del visto, nel 2008, M. presentava domanda per ottenere lo status di rifugiato che veniva respinta, sia in primo grado sia in secondo.
Egli presentava dunque domanda di protezione sussidiaria, secondo la particolare procedura irlandese (V. box sotto). Anche questa veniva respinta in prima istanza.
Il sig. M. presentava così ricorso, adducendo che l’obbligo di cooperazione enunciato nell’articolo 4 della Direttiva Qualifiche andrebbe inteso nel senso che le autorità devono comunicare al richiedente asilo i risultati del suo esame prima dell’adozione di una decisione definitiva. In questo modo, quest’ultimo avrebbe la possibilità di esprimersi in merito a quegli aspetti che fanno presagire un esito negativo.
Egli presentava dunque domanda di protezione sussidiaria, secondo la particolare procedura irlandese (V. box sotto). Anche questa veniva respinta in prima istanza.
Il sig. M. presentava così ricorso, adducendo che l’obbligo di cooperazione enunciato nell’articolo 4 della Direttiva Qualifiche andrebbe inteso nel senso che le autorità devono comunicare al richiedente asilo i risultati del suo esame prima dell’adozione di una decisione definitiva. In questo modo, quest’ultimo avrebbe la possibilità di esprimersi in merito a quegli aspetti che fanno presagire un esito negativo.
Il sig. M., invece, non era stato ascoltato dalle autorità irlandesi nell’ambito dell’istruzione della sua domanda di protezione sussidiaria, né era stato informato degli elementi considerati decisivi dalle autorità per decidere di non concedergli il beneficio della protezione sussidiaria.
La High Court irlandese, davanti a cui pendeva il ricorso, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE la seguente domanda di pronuncia pregiudiziale:
“Nel caso in cui un richiedente miri ad ottenere il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e venga proposto il rigetto di tale domanda, se l’obbligo di cooperare con il richiedente, imposto agli Stati membri dall’articolo 4, paragrafo 1,
“L’obbligo in capo allo Stato membro interessato di cooperare con il richiedente asilo, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della [Direttiva Qualifiche], non può essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui uno straniero richieda il beneficio dello status di protezione sussidiaria successivamente al diniego dello status di rifugiato e l’autorità nazionale competente intenda respingere anche questa seconda domanda, tale autorità dovrebbe a tal titolo, prima dell’adozione della sua decisione, informare l’interessato dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto di quest’ultima, in modo da consentire a tale richiedente di far valere il suo punto di vista in proposito.
Tuttavia, in un sistema come quello messo in atto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, caratterizzato dall’esistenza di due procedure distinte e successive ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto, nell’ambito di ciascuna di tali procedure, dei diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, del diritto ad essere sentito, nel senso che quest’ultimo deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. In un siffatto sistema, la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito della procedura relativa alla domanda di protezione sussidiaria.“
La High Court irlandese, davanti a cui pendeva il ricorso, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE la seguente domanda di pronuncia pregiudiziale:
“Nel caso in cui un richiedente miri ad ottenere il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e venga proposto il rigetto di tale domanda, se l’obbligo di cooperare con il richiedente, imposto agli Stati membri dall’articolo 4, paragrafo 1,
[secondo periodo,] della direttiva 2004/83 esiga che le autorità amministrative dello Stato membro di cui si tratta forniscano a detto richiedente i risultati di un siffatto esame prima dell’adozione di una decisione definitiva, in modo da consentirgli di esprimersi in merito a quegli aspetti della decisione proposta che fanno presagire un esito negativo“
Le due distinte procedure irlandesi
In Irlanda esistono due procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, distinte tra loro. In primo luogo, viene esaminata la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato e, solo se questa viene respinta, si esamina la domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Ciò non è vietato dalla normativa europea, in quanto la Direttiva Procedure stabilisce le norme minime sulle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento (e della revoca) dello status di rifugiato. Dunque, la Direttiva Procedure non si applica alle domande per il riconoscimento della protezione sussidiaria, eccetto quando uno Stato prevede che entrambe le forme di protezione siano esaminate all’interno della stessa procedura. E’ questo il caso in ormai tutti gli Stati dell’Unione europea, ad esclusione appunto dell’Irlanda. |
Obbligo di cooperazione con il richiedente – diritto ad essere informato prima di una decisione negativa?
Nel rispondere al giudice irlandese, la Corte è subito chiarissima nel negare che l’obbligo di cooperazione con il richiedente di cui all’art. 4 § 1 della Direttiva Qualifiche comporti l’obbligo, per le autorità responsabili dell’esame della domanda, di informare il richiedente prima di prendere una decisione negativa sulla sua domanda di asilo e di sollecitare su tale punto le sue opinioni (par. 60 della sentenza).
L’obbligo di cooperazione con il richiedente implica piuttosto che, qualora gli elementi alla base di una domanda di protezione internazionale non siano completi, lo Stato deve cooperare attivamente con l’interessato affinché tutti gli elementi necessari a motivare la domanda siano raccolti. (par. 66)
Ma la valutazione se i fatti raccolti soddisfino o meno i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, rientra nella responsabilità esclusiva dell’autorità nazionale competente. (par. 70)
Il diritto al contraddittorio
Detto questo, però, la Corte solleva anche un’altra questione: quella del diritto al contraddittorio.
Il sig. M., infatti, non era stato ascoltato nell’ambito dell’istruzione della sua domanda di protezione sussidiaria, in quanto – come sostenuto dalle autorità irlandesi – era già stato ascoltato nell’ambito della procedura relativa all’esame della sua domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Il sig. M., infatti, non era stato ascoltato nell’ambito dell’istruzione della sua domanda di protezione sussidiaria, in quanto – come sostenuto dalle autorità irlandesi – era già stato ascoltato nell’ambito della procedura relativa all’esame della sua domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Il diritto a un colloquio personale è una garanzia per il richiedente asilo, espressamente prevista dalla Direttiva Procedure. Tuttavia, poiché – come abbiamo descritto nel box sopra – in Irlanda esistono due procedure distinte, la Direttiva Procedure non si applica alla procedura di esame della domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria ma solo a quella per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Corte di Giustizia, però, ricorda che il diritto al contraddittorio rientra nel rispetto dei diritti della difesa, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione.
Tale diritto al contraddittorio, peraltro, si trova oggi negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europeasul rispetto dei diritti della difesa e il diritto a un processo equo, nonché nell’art. 41 della Carta, che sancisce il diritto a una buona amministrazione. (par. 82)
In particolare, l’art. 41 § 2 della Carta sancisce:
– il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio;
– il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale;
– l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.
Trattandosi di una regola generale, essa deve applicarsi anche in assenza di una norma specifica che la preveda.
Il diritto ad essere ascoltato prevede poi non soltanto il diritto di ciascuno a manifestare il proprio punto di vista prima che sia presa una decisione che possa incidere negativamente sui propri interessi, ma anche l’obbligo dell’amministrazione di prestare la dovuta attenzione alle osservazioni dell’interessato, esaminare in maniera accurata e imparziale tutti gli elementi rilevanti e motivare sufficientemente la decisione. (par. 88)
Non è poi accettabile per la Corte la motivazione, avanzata dal governo irlandese, secondo cui non sarebbe necessario sentire l’interessato nella procedura per il riconoscimento della protezione sussidiaria in quanto tale persona sarebbe già stata sentita durante la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato, dunque in un contesto simile.
Quando uno Stato sceglie di prevedere due distinte procedure, il diritto ad essere ascoltato deve essere pienamente garantito in entrambe. (par. 90, 91).
Questa pertanto la risposta fornita dalla Corte di Giustizia UE alla domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice irlandese:
“L’obbligo in capo allo Stato membro interessato di cooperare con il richiedente asilo, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della [Direttiva Qualifiche], non può essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui uno straniero richieda il beneficio dello status di protezione sussidiaria successivamente al diniego dello status di rifugiato e l’autorità nazionale competente intenda respingere anche questa seconda domanda, tale autorità dovrebbe a tal titolo, prima dell’adozione della sua decisione, informare l’interessato dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto di quest’ultima, in modo da consentire a tale richiedente di far valere il suo punto di vista in proposito.
Tuttavia, in un sistema come quello messo in atto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, caratterizzato dall’esistenza di due procedure distinte e successive ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto, nell’ambito di ciascuna di tali procedure, dei diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, del diritto ad essere sentito, nel senso che quest’ultimo deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. In un siffatto sistema, la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito della procedura relativa alla domanda di protezione sussidiaria.“