Con il post di oggi ci occupiamo di un progetto europeo denominato Eurema (European Relocation from Malta), finalizzato ad assistere Malta nella gestione del numero elevato di persone titolari di protezione internazionale presenti sul suo territorio. Si tratta di un progetto di reinsediamento avviato nel 2010 e tuttora in corso, nella sua seconda fase. 
Lo facciamo ospitando con grande piacere un intervento di Milena Pacchiotti*, che ringraziamo molto per il suo contributo, di sicuro interesse per i lettori del blog.
Siamo inoltre già in grado di anticipare che avremo modo di tornare ad occuparci a breve di Malta, dal momento che la nostra prossima scheda-Paese all’interno del progetto Asilo negli Stati europei avrà ad oggetto proprio questo piccolo Stato, così interessante ai nostri fini.





di Milena Pacchiotti*

Le proporzioni consistenti di flussi migratori verso l’Europa meridionale attraverso le rotte nel Mediterraneo hanno assunto negli ultimi anni una portata regolare. 
Essenzialmente a causa della sua posizione geografica, nell’ultimo decennio il piccolo arcipelago di Malta è stato coinvolto per la prima volta nel far fronte alle migrazioni consistenti dalle coste libiche. Secondo i dati dell’ufficio maltese dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), dal 2002 al 2012, 16.617 persone provenienti soprattutto dall’Africa Sub-Sahariana sono arrivati a Malta via mare e circa un terzo di esse vi è rimasto. Tra queste, circa il 56% dei richiedenti asilo ha ottenuto protezione internazionale, nella stragrande maggioranza sotto forma di protezione sussidiaria.

I dati appaiono più impressionanti se si considera che la popolazione maltese supera appena i 400.000 abitanti e che Malta ha registrato ogni anno la più alta proporzione in Europa tra richiedenti asilo e popolazione residente, raggiungendo anche il 5%. 


Non è difficile immaginare che Malta si sia dimostrata un paese di asilo fragile, sia nel monitoraggio delle migrazioni via mare che nella protezione di coloro che vi hanno richiesto e ottenuto asilo, raccolti in centri di accoglienza fatiscenti dopo aver trascorso fino a 12 mesi di detenzione in attesa di una decisione circa la loro richiesta di protezione
Le consistenti e improvvise migrazioni hanno peraltro dato luogo a tensioni nella popolazione e, talvolta, a manifestazioni di stampo razzista.  

La pressione migratoria a Malta non ha facile sfogo. Per effetto delle norme concordate dagli Stati membri a livello europeo, infatti, i titolari di protezione interazionale non hanno diritto a spostarsi liberamente in altri paesi dell’Unione europeaDopo tre mesi trascorsi in un altro Paese, devono quindi essere rinviati sistematicamente nel Paese che ha riconosciuto loro una forma di protezione. 
Inoltre, i beneficiari di protezione sussidiaria a Malta non hanno accesso al diritto alla riunificazione familiare né alla cittadinanza

Tutto questo aumenta di gran lunga il senso di frustrazione e impedisce di vedere Malta come una soluzione durevole. Come essi stessi dichiarano quando intervistati, i titolari di protezione internazionale sono “stuck in Malta”.

A partire dal 2005, però, per alcuni beneficiari di protezione internazionale a Malta si è aperta l’opportunità del reinsediamento in “secondi” paesi di asilo, principalmente negli Stati Uniti. 

www.icmc.net

Normalmente, la pratica del reinsediamento (resettlement) avviene da Paesi in via di sviluppo a Paesi industrializzati, piuttosto che tra Paesi industrializzati, che si riconoscono reciprocamente come sicuri. 
Proprio in tale aspetto risiede la prima peculiarità di tale progetto di reinsediamento da Malta, che però è stato effettuato, più che per ragioni di sicurezza, per sollevare il piccolo arcipelago dalla pressioni sproporzionate a cui non ha saputo far fronte e per ovviare alle misere prospettive di integrazione. 
La seconda peculiarità risiede nel fatto che dal 2010 tale progetto sia stato effettuato sistematicamente anche verso paesi dell’Unione europea.


Fino ad allora, i reinsediamenti di persone titolari di protezione internazionale all’interno dell’Unione erano avvenuti attraverso sporadici accordi bilaterali tra Malta e i Paesi d’accoglienza
Un punto di svolta si è quindi avuto nel 2009 quando la Commissione Europea ha approvato il progetto pilota EUREMA (European Relocation Malta) che ha previsto il reinsediamento  di un totale di 255 persone da Malta verso 10 Stati partner: Francia, Germania, Regno Unito, Portogallo, Lussemburgo, Slovacchia, Slovenia, Polonia, Ungheria, Romania.

Il progetto era in linea con gli sviluppi recenti in materia di asilo e, in particolare, con il progressivo affermarsi del concetto di burden sharing, ovvero la necessità di cooperazione e solidarietà tra Stati dell’Unione nella condivisione delle responsabilità della gestione delle migrazioni e della protezione internazionale.
Importante: è stato previsto che i soggetti trasferiti mantenessero lo stesso status ottenuto a Malta. Pertanto, chi aveva ottenuto lo status di rifugiato a Malta lo ha mantenuto nel secondo stato di asilo, così come coloro che avevano già ottenuto la protezione sussidiaria.

Il periodo di attuazione di EUREMA era di 18 mesi a partire da Gennaio 2010, diviso nelle seguenti fasi:

1.Pre-selezione dei candidati
Le fasi di preparazione delle informazioni e individuazione dei possibili candidati sono state effettuate dai partner locali del progetto: UNHCR, Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (IOM), Ministry of Justice and Home Affairs e Emigrants’Commission. A questo scopo, i potenziali beneficiari sono stati informati sul progetto e coloro che hanno mostrato interesse al reinsediamento hanno potuto iscriversi, fornendo quante più informazioni utili sul loro profilo. Successivamente l’UNHCR si è occupata dell’individuazione e della pre-selezione dei candidati, basandosi sulle informazioni raccolte, sui requisiti di selezione stabiliti dagli Stati di accoglienza e naturalmente sull’effettiva volontà dei beneficiari di essere reinsediati nel Paese proposto dall’UNHCR. In caso di risposta positiva, i dossier dei candidati sono stati inviati ai Ministeri dei paesi interessati.

2. Selezione dei candidati. 
Ogni Paese partner del progetto ha inviato a Malta di una missione di rappresentanti incaricata di effettuare la selezione finale sulla base dei dossier ricevuti in precedenza e delle eventuali ulteriori interviste svolte durante la visita. IOM si è occupata di comunicare l’esito delle selezioni ai candidati, mentre una consulenza ai pre-selezionati che non hanno però avuto successo nella selezione finale è stata offerta da UNHCR. Ogni Paese partner aveva infatti dato una certa disponibilità di posti per il reinsediamento e richiesto che gli fosse presentato un numero di candidati doppio. Nonostante questo, alcuni Paesi al termine delle fasi di selezione non hanno ricevuto alcun beneficiario, perché nessun candidato ha espresso la volontà di trasferirvisi, preferendo restare a Malta piuttosto che andare in un contesto del tutto sconosciuto. Due persone reinsendiate in Ungheria hanno chiesto, dopo qualche giorno dall’arrivo, di fare ritorno a Malta. 

La tabella seguente mostra il numero di posti disponibili per il  reinsediamento e quello di coloro che sono stati effettivamente reinsediati:

Stato partner
Numero di posti
Numero di persone reinsediate
Francia
90
94
Lussemburgo 
6
6
Germania 
100
102
Portogallo 
6
6
Polonia 
6
0
Romania
7
0
Slovacchia 
10
0
Slovenia 
10
8
Regno Unito 
10
10
Ungheria 
10
2*
255
228 (226)
* subito rientrate a Malta


3. Preparazione alla partenza
IOM, in collaborazione coi partner locali, si è impegnata a preparare la partenza dei beneficiari selezionati sia a livello logistico che fornendo loro una sessione di orientamento culturale riguardo il paese di destinazione.

4.Reinsediamento e integrazione. 
Una volta giunti nel Paese di destinazione, i beneficiari sono stati per lo più accolti in appositi centri, nei quali erano previste attività di inserimento che includevano corsi di lingua e di formazione professionale. È necessario notare che i contenuti dei “pacchetti” di inserimento e la loro durata variavano a seconda del Paese di accoglienza.


Per le sue caratteristiche di innovazione e multilateralità, il primo esercizio di reinsediamento all’interno dell’Unione Europea appare di notevole interesse, soprattutto nell’ottica del burden sharing, e rispetto agli obiettivi attesi, il progetto pilota può vantare un discreto successo. Esso ha infatti permesso di mostrare concretamente solidarietà nei confronti del governo maltese nella gestione dell’emergenza e l’impegno verso una più organica cooperazione europea in materia di asilo. Inoltre, l’obiettivo iniziale di reinsediare almeno 150 persone è stato superato, con un totale di 228 beneficiari.

Tuttavia, i Paesi e le organizzazioni partner hanno sollevato alcuni punti di criticità che possono senza dubbio suggerire margini di miglioramento nell’elaborazione di progetti simili in futuro. 

Alcuni spunti di riflessione possono essere proposti come segue:


Necessità di criteri di selezione più flessibili e realistici, basati sullo studio delle caratteristiche effettive della popolazione rifugiata a Malta. Ad esempio, circa il 60% della popolazione rifugiata a Malta è composta da somali, seguiti da eritrei e sudanesi, per lo più uomini single e di religione musulmana. Pertanto, i criteri di selezione di alcuni Paesi, che richiedevano famiglie, una certa etnia o una religione in particolare, sono risultati fuori luogo e troppo restrittivi rispetto all’obiettivo.
– Il superamento dei limiti posti dalle differenti legislazioni nazionali. Ad esempio, alcuni Stati partner escludevano il reinsediamento di persone il cui status non fosse strettamente quello di rifugiato, escludendo così i beneficiari di protezione sussidiaria, ovvero la gran parte dei titolari di protezione internazionale presenti a Malta. 
– Il dover pre-selezionare un numero di candidati doppio rispetto al numero di coloro che effettivamente hanno beneficiato del reinsediamento ha creato aspettative e illusioni per un numero di persone troppo elevato, considerata fra l’altro anche la vulnerabilità di alcuni potenziali beneficiari. 
– Iter burocratici e amministrativi più efficaci renderebbero l’esercizio di reinsediamento più fluido. Ad esempio, i tempi lunghi che sono necessari per la progettazione europea risultano essere un forte deterrente alla partecipazione degli Stati partner, che potrebbero ragionevolmente preferire accordi bilaterali con Malta. 

Una nuova fase di reinsediamento da Malta (EUREMA II) è stata finanziata per gli anni 2012/2013 ed è tuttora in corso. I Paesi partecipanti al progetto sono Bulgaria, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Lituania (la quale, a differenza degli altri, accetta solo richiedenti asilo e non beneficiari di protezione). 
Mentre le caratteristiche e la struttura del progetto sono simili a quelle di EUREMA I, è interessante notare che i partecipanti più “accoglienti” dell’edizione precedente in termini di posti disponibili, tra cui Francia e Germania, hanno stavolta preferito stipulare accordi bilaterali con Malta.


Nonostante queste criticità, il merito principale dei progetti EUREMA I e EUREMA II è che hanno, seppur in minima parte, ovviato ai limiti alla libera circolazione dei titolari di protezione internazionale nell’Unione europea. Inoltre, in quanto progetto innovativo di burden sharing che ha coinvolto ben 10 Paesi di destinazione, un altro valore di EUREMA è rappresentato sicuramente dal fatto che lo si possa considerare una tappa verso un’auspicabile maggiore condivisione di competenze e responsabilità a livello europeo su questi temi, capace di creare un nuovo approccio all’asilo, collettivo e solidale.




Per approfondire:

EASO fact-finding report on intra-EU relocation from Malta, EASO, Valletta 2012

Eleonora Servino, Handbook on lessons learned. Pilot Project for Intra-EU Relocation – EUREMA, International Organisation for Migration (IOM) Malta, 2011


* Dopo aver contribuito a EUREMA come tirocinante presso UNHCR Malta nel 2010, Milena Pacchiotti si è laureata con lode in Cooperazione e diritti umani all’Università di Bologna. Ha collaborato a Bruxelles con ENAR – European Network Against Racism e attualmente sta lavorando come intern presso l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali (FRA). Si occupa di migrazione e asilo, diritti dei bambini e questioni di genere.