All’interno della nostra nuova rubrica “Asylum Lottery“, finalizzata ad un tentativo di avvio di una riflessione e un primo scambio di informazioni (anche con chi lavora in altri Paesi) sul tema dell’abbandono dell’Italia, pubblichiamo un primo contributo, ricevuto da alcuni operatori del progetto SPRAR di Bologna, che ovviamente ringraziamo molto.
Chiediamo a chi legge di darci una mano nella diffusione di questa iniziativa e di unirsi a questo lavoro con riflessioni, opinioni, domande (anche eventualmente da non rendere pubbliche).
Grazie e buona lettura!
Negli ultimi mesi i casi di abbandono di richiedenti e titolari di protezione internazionale dal progetto SPRAR di Bologna sono stati rilevanti per numero e modalità, al punto tale da portare noi operatori a chiederci se non ci si trovi di fronte ad un fenomeno che varrebbe la pena approfondire.
Nei primi mesi del 2013, a Bologna, due nuclei familiari hanno lasciato l’accoglienza senza preavviso e senza concordare le modalità di uscita.
La prima delle due famiglie ha abbandonato il progetto dopo cinque mesi di permanenza, durante i quali erano stati garantiti standard di accoglienza adeguati ed erogati servizi sulla base delle specifiche esigenze emerse: tutela legale, corsi di italiano ed attivazione di percorso di inserimento socio-lavorativo per gli adulti, inserimento scolastico dei minori, supporto psicologico.
La relazione con gli operatori dell’accoglienza era positiva ed i coniugi si sono sempre mostrati attivamente partecipi e collaborativi. Più volte, tuttavia, i beneficiari hanno manifestato agli operatori preoccupazione nei confronti della reale possibilità di inserimento lavorativo in un contesto sociale ed economico in forte crisi e timori riguardo alle prospettive di sostentamento familiare nel medio-lungo periodo.
La scelta di allontanarsi dal progetto di accoglienza è stata presa alla vigilia dell’appuntamento per l’intervista in Commissione Territoriale alla quale non si sono presentati, rendendosi irreperibili. Alcuni elementi raccolti dagli operatori, e ricostruiti successivamente, fanno supporre uno spostamento della famiglia verso uno Stato a nord dell’Italia.
Pare evidente che il nucleo, sebbene debitamente informato in merito alle procedure e al fatto che la competenza dell’esame della domanda di asilo fosse italiana, abbia voluto sottrarsi all’esame della domanda di protezione internazionale da parte della Commissione Territoriale per poter tentare di ottenere il riconoscimento dello status in un altro Paese membro sfidando i vincoli imposti dal Regolamento Dublino.
La seconda famiglia ha lasciato il progetto dopo poco più di un mese di permanenza. I beneficiari, in questo caso già titolari di status e provenienti da un CARA del sud Italia, hanno da subito espresso delusione e grande preoccupazione nei confronti di un contesto socio-economico che non corrispondeva alle aspettative. Nel progetto si è provveduto ad inserimento scolastico, corsi di italiano, ed a tutti i servizi che è stato possibile erogare nel corso di una così breve permanenza. Anche in questo caso la famiglia si è resa irreperibile e non è noto se si sia trasferita presso altra residenza sul territorio nazionale o abbia cercato di spostarsi in un altro Paese (intenzione espressa nel corso di alcuni colloqui con gli operatori), potendo contare su reti informali di connazionali e conoscenti.
Un altro nucleo familiare è accolto nel progetto dopo avere tentato di stabilirsi in Svezia ed essere stato rimandato in Italia.
Il fenomeno non riguarda, tuttavia, soltanto famiglie, ma anche singoli che, poche settimane o mesi dopo l’uscita dal progetto, scelgono di spostarsi in altri Paesi europei: tra i più recenti, il caso di un beneficiario, riconosciuto rifugiato, recentemente trasferitosi in Germania e un altro stabilitosi in Francia.
Le difficoltà rappresentate dall’inserimento sociale in un diverso Stato membro disponendo di documenti rilasciati dallo Stato italiano, dallo spostamento di un’intera famiglia almeno parzialmente radicata su un territorio e dai rischi di vanificare gli sforzi a causa del possibile rinvio in Italia, pongono seri interrogativi: se non si tratta di casi isolati, è lecito chiedersi come oggi sia percepita l’Italia, quali siano le aspettative, e quali le nuove rotte dei migranti forzati.
Viene anche da chiedersi, dal momento che il progetto SPRAR garantisce standard di accoglienza certamente elevati rispetto al panorama nazionale, quale sia la generale condizione delle politiche di asilo in Italia.
Ci uniamo alla sollecitazione di Asilo in Europa e chiediamo agli altri operatori del settore di contribuire all’analisi di questo fenomeno condividendo le informazioni raccolte nei diversi progetti locali, relative a recenti abbandoni e spostamenti verso altri Stati.
Giacomo Rossi e Agnese Agostini, operatori SPRAR di Bologna