Il fenomeno dei titolari di protezione internazionale che si spostano dall’Italia verso altri Paesi europei, pur non essendo nuovo, è diventato particolarmente evidente negli ultimi anni. 
Si tratta di un fenomeno che ha molte sfaccettature, molteplici essendo i motivi che possono spingere a lasciare l’Italia fra cui la mancanza di lavoro, la carenza di soluzioni abitative dignitose una volta usciti da un progetto di accoglienza, la presenza in altri Paesi di parenti, amici o connazionali in grado di offrire un supporto. 
Inoltre, molto spesso il sogno che spinge verso il Nord è legato all’immaginario alimentato all’interno delle comunità migranti che dipinge questi Paesi come luoghi dove sia decisamente più facile ottenere mezzi di sostentamento e  ricostruirsi una vita.
Quali che siano i motivi alla base della decisione di partire, quello che è certo è che tali desideri si scontrano spesso con la dura realtà delle regole europee e nazionali che, di fatto, lo rendono molto complicato.

Ma qual è la reale possibilità per coloro che  si spostano in un altro Paese di farcela, di regolarizzare cioè la propria posizione? 

Dopo aver pubblicato negli scorsi mesi alcuni interventi di operatori di progetti SPRAR che ci hanno testimoniato l’attualità e le dimensioni del fenomeno, cominciamo oggi a pubblicare una serie di contributi relativi ai Paesi di destinazione (spesso solo sognata) dei titolari di protezione che decidono di abbandonare l’Italia

Analizziamo ad esempio il caso svedese.




In Svezia l’accesso al mercato del lavoro interno è sostanzialmente libero, nel senso che non è regolato da quote o altre limitazioni (ad esempio la verifica della preventiva indisponibilità di manodopera locale). 
Questo vale sia per chi viene da fuori l’UE, sia per i cittadini di Paesi terzi che già risiedono sul territorio UE a qualunque titolo
Nello specifico, chi ha già un permesso per protezione internazionale rilasciato da uno Stato dell’Unione Europea (o un permesso per altro motivo, ma non un permesso UE come soggiornante di lungo periodo per cui valgono altre regole) può fare ingresso e cercare lavoro nel paese per tre mesi. Se si trova lavoro, è necessario chiedere un’ autorizzazione all’impiego (arbetstillstånd) all’ufficio nazionale per l’Immigrazione (vedi http://www.migrationsverket.se/English/Private-individuals/Working-in-Sweden/Employed.html).   

Solo alcune categorie di migranti sono infatti esentati dal richiedere un permesso di lavoro come ad esempio i titolari di un permesso di soggiorno permanente, chi ha un permesso per studio, chi possiede un permesso come “visiting researcher”, i richiedenti asilo titolari di un AT-UND1 ossia un’esenzione dall’obbligo di richiedere un permesso per lavoro, infine i cittadini di un Paese UE.

L’autorizzazione al lavoro è vincolata al contratto di lavoro per cui è rilasciata e l’offerta di lavoro deve contenere anche informazioni inerenti la copertura assicurativa del lavoratore, il periodo di impiego ed il salario percepito
Una volta ricevuta la richiesta di autorizzazione al lavoro, verrà chiesto al sindacato di riferimento di esprimere un’opinione riguardo al livello di salario e ai termini contrattuali contenuti nell’offerta di lavoro.  

Contestualmente al rilascio di un “permesso per lavoro” per un periodo superiore ai tre mesi, viene rilasciato anche un permesso di soggiorno, a testimoniare la presenza “legale” sul territorio e dove sono contenute la foto e le impronte digitali del titolare. 

Attualmente i tempi di attesa per il rilascio di un permesso per lavoro variano dagli 11 ai 15 mesi (a seconda che la domanda sia stata presentata online o di persona e in forma cartacea). Se la domanda è presentata online con tutti gli allegati richiesti, i tempi di trattazione si possono ridurre a una settimana.

Per chi ha un contratto di lavoro di durata inferiore a un anno, l’autorizzazione al lavoro e il permesso di soggiorno hanno una durata corrispondente e il lavoratore deve avere una polizza assicurativa per spese sanitarie e di assistenza sociale perché non è coperto dal sistema assistenziale svedese. 
Chi invece ha un contratto di lavoro per un periodo maggiore (un anno o a tempo indeterminato) accede al sistema di welfare a parità con i cittadini svedesi. Per farlo dovrà  iscriversi all’anagrafe della popolazione presso l’agenzia delle Entrate svedese (Skatteverket) per ricevere il codice fiscale e di assistenza sociale (personnummer).  

Ai fini dell’autorizzazione al lavoro o del rilascio del permesso di soggiorno o dell’acquisto della cittadinanza, la legge svedese non richiede un impegno formale a integrarsi o a imparare la lingua nazionale


Se si intende avviare un’attività autonoma in Svezia è necessario richiedere preventivamente un permesso di soggiorno per lavoro autonomo, per cui si richiede il possesso di alcuni requisiti sia in termini patrimoniali che in termini di fattibilità e sostenibilità del progetto d’investimento. Nella prassi, attestazioni o certificati di autorità o organizzazioni di categoria dello stato di provenienza/residenza riguardanti la propria condotta, solvenza, correttezza nell’assolvere agli obblighi o a condurre gli affari, etc… possono essere utili ad ottenere una valutazione positiva della propria domanda (ad esempio: attestazione dell’autorità fiscale dello stato di provenienza in cui si dichiara che si sono assolti gli obblighi e non ci sono pendenze; attestato di solvibilità o valutazione della posizione creditizia rilasciato da agenzie di rating; dichiarazione di buona condotta di autorità fiscali o organizzazioni di categoria di cui si è fatto parte, etc…).



Nelle prossime settimane analizzeremo la situazione in altri Paesi europei.

Nel ringraziare molto Lara Olivetti (lara

[at]altamobilita.net) e Rickard Olseke (rickard[at]olseke.net) per il prezioso e fondamentale contributo alla descrizione del caso svedese, invitiamo anche altri a partecipare (anche solo con domande e riflessioni, non per forza da rendere pubbliche) e siamo ovviamente disponibili a ricevere ulteriori suggerimenti e informazioni per migliorare e/o completare l’analisi sulla Svezia.

Per chi desidera approfondire segnaliamo infine il sito dell’Autorità Svedese per l’Immigrazione: http://www.migrationsverket.se/English/Private-individuals.html