Il 27 Agosto scorso, in una conferenza stampa congiunta, il Ministro degli Interni italiano Angelino Alfano e la Commissaria europea per gli affari interni Cecilia Malmström hanno annunciato la fine dell’Operazione Mare Nostrum e il lancio della nuova missione chiamata Frontex Plus, che è stata poi ribattezzata Tritone.
A distanza di più di un mese, ancora poco si sa di questa missione e di cosa succederà nel Mar Mediterraneo, ma ci sembra importante cercare di chiarire alcuni aspetti.
MARE NOSTRUM
In risposta alle tragedie in mare di inizio Ottobre 2013 l’Italia lanciò un’operazione chiamata Mare nostrum (qui abbiamo spiegato nel dettaglio di cosa si tratta). In sintesi, Mare nostrum è un’operazione complessa e costosa, senza dubbio efficace, che in un periodo di grandi sconvolgimenti e crisi internazionali, con i Paesi dell’area mediterranea in subbuglio, ha permesso il salvataggio di circa 130 mila persone in mare.
Oltre tremila persone hanno invece perso la vita durante l’attraversamento del Mediterraneo, rendendo il 2014 l’anno con più vittime nel nostro mare.
Da più parti Mare nostrum (costo indicativo: circa 10 milioni di euro al mese) è stato visto come uno sforzo eccessivo per l’Italia e come un incentivo alle partenze. I dati parlano oggettivamente di numeri molto consistenti di arrivi via mare nel 2014, ma nel leggerli dobbiamo tenere in considerazione la situazione di molti Paesi del medio-oriente e dell’Africa, oltre che dell’assoluta instabilità della Libia, da dove si verifica la gran parte delle partenze verso l’Italia.
Nei giorni scorsi anche il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, De Giorgi, durante un’audizione alla Commissione Diritti Umani del Senato ha dichiarato: “Non è l’operazione Mare nostrum a incrementare l’arrivo di migranti sulle nostre coste. Non lo è e non lo può essere. La ragione dell’aumento va ricercata in fattori di forza globale, come il disfacimento di alcuni paesi, quali Eritrea, Siria e Libia. I flussi di arrivo verso il nostro paese erano iniziati a crescere in modo evidente già prima dell’avvio dell’operazione, nel periodo in cui si è verificata la strage del 3 ottobre”.
Oltre questo, bisogna considerare che circa la metà delle persone che sono state fin qui soccorse e portate in Italia si sono dirette immediatamente verso altri Paesi europei, anche se ora la situazione pare essere cambiata. Ma di questo parleremo più approfonditamente sotto.
Sembra ora che Mare Nostrum terminerà a fine Ottobre. Il ministro dell’interno italiano, Alfano, dice che questa era un’operazione a termine e che verrà “sostituita” da un’operazione dell’UE chiamata Frontex Plus. Nella conferenza stampa e nel comunicato poi pubblicato dalla Commissaria europea agli Affari interni, Malmström, si dice invece che Frontex Plus verrà messa in piedi “to complement what Italy has been doing“. Non si capisce dunque se Frontex Plus, ora Tritone, sarà un’operazione sostitutiva o complementare. Anche sui tempi c’è un po’ di confusione, in quanto Malmström dice che la sua speranza è che Frontex Plus sia operativa entro la fine di Novembre.
TRITONE
Nelle parole di Malmström e Alfano Frontex Plus, e quindi ora Tritone, sarà una nuova operazione che metterà insieme due operazioni Frontex nel Mar Mediterraneo cioè Aeneas ed Hermes. L’obiettivo di queste due operazioni è, rispettivamente, quello di combattere l’immigrazione irregolare nel mar Ionio, in particolare dalla Turchia e dall’Egitto verso la Puglia e la Calabria, e di implementare attività di controllo dell’immigrazione irregolare e di altri crimini transfrontalieri da Tunisia, Algeria e Libia verso Lampedusa, la Sardegna e la Sicilia.
Chiariamo subito un aspetto: il soccorso in mare è secondario, o meglio incidentale, alle operazioni di Frontex in mare che restano operazioni di sorveglianza delle frontiere.
Per contro, Mare Nostrum, oltre a contrastare i trafficanti di esseri umani, ha come fine principale quello di soccorrere in mare persone in difficoltà, compito che Frontex ha sempre visto al di fuori del proprio mandato.
Quali obiettivi?
Frontex ha pubblicato recentemente un documento per spiegare come immagina che Tritone debba operare e quali debbano essere il mandato e i limiti dell’operazione. Gli obiettivi di Tritone saranno due. Il primo è legato alle attività tipiche di Frontex: “rafforzare gli sforzi nazionali relativi alla sorveglianza delle frontiere”, mentre il secondo, “supportare gli sforzi dei Paesi membri per quanto riguarda ricerca e soccorso”, è meno ovvio. Per quanto possa sembrare abbastanza banale che, una volta in mare, i mezzi delle operazioni coordinate da Frontex rispondano agli obblighi internazionali e prestino soccorso alle imbarcazioni in difficoltà, il verbo “support” potrebbe lasciar credere che Tritone sarà forse più proattiva nelle operazioni di soccorso in mare, rispetto a quello che sono state Hermes ed Aeneas, operazioni in cui il soccorso in mare è stato molto marginale.
Con quali mezzi?
Come riportato dai giornali, alcuni Paesi membri hanno dato la loro disponibilità a partecipare con mezzi e uomini all’operazione. Nella tabella finale della proposta Frontex per Tritone, si vede che il budget dell’operazione dovrebbe essere di 2,8 Milioni di euro: ben distanti dalle risorse messe in campo dall’Italia per Mare Nostrum.
E quale efficacia?
Non vi è dubbio che l’efficacia del tipo di soccorso offerto da Tritone non potrà essere paragonabile a Mare Nostrum. Tendenzialmente, Tritone (avendo come primo obiettivo il controllo delle frontiere e quindi delle acque territoriali) si spingerà in acque internazionali solo quando verrà richiesto dal Centro di Coordinamento del soccorso competente. Operare in acque internazionali e soccorrere in mare era invece ciò che rendeva Mare Nostrum un’operazione positivamente innovativa.
IL SISTEMA COMUNE D’ASILO AL BIVIO
Il tema del soccorso in mare e dell’accesso alla procedura di asilo è probabilmente quello che più di ogni altro contiene al suo interno tutte le maggiori contraddizioni e sfide riguardo alle politiche europee in materia di immigrazione e asilo. Non si tratta infatti “solamente” di avere un’operazione europea nel Mediterraneo, come chiesto ripetutamente dal governo italiano ma di avere una risposta europea complessiva che affronti il fenomeno delle migrazioni forzate in maniera più integrata e coerente rispetto a quanto fatto finora.
Fotosegnalamenti e “gioco delle parti”
Da mesi ci troviamo di fronte a questo fenomeno: molte delle persone salvate in mare e portate sulle nostre coste dalle navi di Mare Nostrum lasciano poi l’Italia prima di essere fotosegnalate, dirette verso altri Paesi europei, dove hanno legami familiari e comunità ben integrate e che generalmente rappresentano la loro meta fin dall’inizio.
L’Italia non è mai apparsa dispiaciuta di questo, mentre gli altri Paesi si sono affannati a rimandarci quante più persone possibile (si veda questo articolo). Insomma, l’Italia accusa l’Europa di non aiutarla (ma non procede ai fotosegnalamenti) e gli altri Paesi europei, soprattutto del centro-nord, accusano l’Italia di non fotosegnalare gli immigrati (ma non fanno nulla per aiutare l’Italia).
E’ anche su questo “gioco delle parti” che si è retta finora l’operazione Mare Nostrum.
E ora?
Ora però qualcosa sta cambiando, con l’Europa che accontenta in qualche modo l’Italia con l’operazione Tritone e, forse, chiede in cambio di fotosegnalare tutte le persone che sbarcano sul nostro territorio. Questo nuovo approccio sarebbe confermato da una circolare riservata del Ministero dell’Interno per dare un giro di vite alle procedure di identificazione.
Quali saranno le conseguenze di questo cambio di rotta non tarderemo molto a scoprirlo ma in uno scenario del genere non si possono escludere un “ingolfamento” del, già provato, sistema di accoglienza italiano e proteste anche clamorose.
“L’Europa cosa fa?”
E’ il ritornello che si sente ripetere più spesso. L’Europa è assente. L’Europa deve fare di più.
Effettivamente, nella gestione del fenomeno delle migrazioni forzate l’Unione europea e i suoi Paesi membri si giocano autorevolezza e credibilità.
Da un lato per ridurre i conflitti e le crisi attualmente in corso. Se, come dice il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, De Giorgi, la ragione dell’aumento degli arrivi “va ricercata in fattori di forza globale, come il disfacimento di alcuni paesi”, è innanzitutto lì che va trovata una soluzione.
Dall’altro gli Stati membri devono rispettare gli impegni che hanno liberamente preso e che prevedono che l’Unione debba sviluppare “una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi” (art. 67 TFUE). Politica comune, solidarietà, equità.
Ci pare di poter dire che siamo ancora decisamente lontani.
Gli Stati membri si sono dati regole (più o meno) comuni, certo. Ma, alla luce di quanto è successo dalle tragedie di Lampedusa di un anno fa, che tanto hanno sconvolto pubblica opinione e rappresentanti delle istituzioni, viene spontaneo chiedersi quale sia questa politica comune e se vi sia davvero, da parte degli Stati membri, la voglia di “avere più Europa” in questo campo.
Se vogliono un ruolo più forte dell’Europa, i governi degli Stati membri possono – devono – lavorare ad un’accoglienza europea, a un esame congiunto europeo delle domande di asilo, a procedure europee di ingresso protetto, a missioni europee di salvataggio in mare. Alla possibilità per i titolari di protezione di circolare liberamente e lavorare in Europa.
Se non lo faranno, sarà perché forse fa più comodo, a tutti, avere qualcuno da incolpare, sia esso l’Unione europea o uno Stato indisciplinato.