Oggi, sempre con l’obiettivo di conoscere l’attualità in altri Paesi europei, abbiamo l’opportunità di approfondire la realtà spagnola attraverso le parole del Presidente della Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR), una delle organizzazioni più attive nella difesa dei diritti dei rifugiati. 


La Spagna, pur essendo un paese dell’Europa meridionale oggetto di flussi migratori, riceve poche domande di asilo e si trova tra gli ultimi posti in Europa per la concessione della protezione internazionale. In quest’ambito, negli ultimi anni si è discusso molto della cosiddetta “valla” di Ceuta e Melilla, che consiste di una doppia recinzione sul lato spagnolo di 6 metri di altezza e di una terza recinzione di 2 metri sul territorio marocchino. 

Ma cosa succede davvero laggiù? Quali sono le azioni che il governo spagnolo ha intrapreso recentemente?




Dal 2005 in queste due enclaves spagnole in territorio marocchino si effettuano quelle che in Spagna vengono chiamate “devoluciones en caliente”: si tratta in sostanza di espulsioni indiscriminate, eseguite senza il rispetto dei criteri e delle procedure di allontanamento previsti dalla Legge per gli stranieri n. 4/2000, nonché in violazione dei principi di non- refoulement stabiliti tra gli altri nella Convenzione di Ginevra del 1951 e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non a caso, il Consiglio d’Europa ha denunciato l’illegittimità di tale pratica e, in particolare, ha ribadito il divieto di respingere persone in  un Paese non sicuro (quale può essere considerato il Marocco in ragione del trattamento subito dai migranti lungo le sue frontiere).
Il governo spagnolo, in risposta, ha giustificato questa pratica in base a un “concetto operativo di confine“, che non compare in alcun testo giuridico, affermando che se il migrante non oltrepassa le due recinzioni e le guardie di frontiera che le controllano, non si trova ancora in territorio spagnolo e pertanto lo Stato è libero da responsabilità tanto a livello nazionale che internazionale.

La situazione nella zona della valla è andata via via peggiorando e negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento del numero dei migranti che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il confine. Ciononostante, il 26 marzo scorso il Parlamento spagnolo ha approvato la legge sulla sicurezza cittadina, che ha legalizzato questa pratica attraverso un emendamento alla legge sull’immigrazione, ammettendo questo tipo di espulsioni. 

Anche di questo abbiamo discusso con Carlos BerzosaPresidente della Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR), una delle organizzazioni più attive in Spagna nella difesa dei diritti dei rifugiati. 


1. Dal suo punto di vista, qual è la percezione che gli spagnoli hanno dei rifugiati? Tale percezione è cambiata negli ultimi anni, ad esempio a causa della crisi economica? C’è confusione, anche nei media, tra rifugiati e migranti economici?

Inizierò rispondendo all’ultima domanda. Purtroppo, c’è una certa confusione nella definizione del termine rifugiato e migrante, sia sui giornali che in televisione. I due termini hanno un denominatore comune, in quanto si tratta in entrambi i casi di persone che lasciano il proprio paese per cercare altrove una vita migliore, ma vengono spesso assimilati erroneamente. Mentre, i migranti lo fanno per motivi economici e per mancanza di opportunità, il rifugiato è costretto a fuggire per la persecuzione politica/ideologica subita o temuta oppure per allontanarsi da aree di conflitto. Inoltre, molte donne scappano perché sono vittime di violenza di genere o rischiano di soffrirne. 
Tornando alla sua prima domanda, purtroppo la percezione dei spagnoli non è molto positiva, a causa dell’influenza negativa esercitata dai media. Le informazioni fornite sono di solito abbastanza parziali e non rigorose. Questa percezione è stata inasprita dalla crisi, perché l’arrivo di migliaia di persone è visto come un impedimento nella ricerca di un impiego che andrebbe a peggiorare la situazione attuale.

2. Le espulsioni indiscriminate di Ceuta e Melilla vengono eseguite dal 2005. Il mese scorso – sebbene il Consiglio d’Europa ne abbia denunciato l’illegittimità – è stata approvata la legge sulla sicurezza cittadina, che ha legalizzato questa pratica attraverso un emendamento alla legge sull’immigrazione. Come pensa che questa situazione possa essere risolta? Gli uffici per i richiedenti asilo aperti di recente a Ceuta e Melilla possono rappresentare una soluzione? 

Quello che sta accadendo oggi è una chiara violazione dei diritti umani e delle leggi. La Commissione spagnola di aiuto al rifugiato, di cui sono presidente, sta denunciando questi fatti e in molti casi la giustizia, anche a livello internazionale, ci sta dando ragione. Cercare di legalizzare un’azione che di fatto è illegale è un grave attentato ai diritti umani e alla dignità delle persone. L’idea è di impugnare la legge dinanzi alla Corte Costituzionale e ai tribunali internazionali che garantiscono il rispetto dei diritti umani. 
Gli uffici per la richiesta di asilo aperti a Ceuta e Melilla, così come stanno funzionando, non rappresentano la soluzione al problema, ma vanno rinnovati tenendo in considerazione le organizzazioni civili e sociali con esperienza in questo settore, in modo che si possa migliorare la situazione dei rifugiati e che siano impedite le espulsioni illegittime.

3. La situazione in Europa, da più punti di vista, è molto diversa rispetto al 1999, anno in cui l’Unione europea si è posta come obiettivo quello di creare un Sistema Europeo Comune di Asilo. Innanzitutto, le ragioni della partenza dei migranti sono cambiate in modo significativo; inoltre vanno prese in considerazione la crisi economica, la mancanza di lavoro (in particolare nei paesi del Mediterraneo), e la mancanza di fiducia dei cittadini nell’Unione europea. Ritiene che sia ancora possibile realizzare un sistema europeo comune in materia di asilo? Crede che le istituzioni europee e gli Stati membri stiano facendo abbastanza per ottenere questo risultato? 

Sono sempre più scettico riguardo l’Unione europea. Le ultime azioni dell’UE sono sempre più a favore dei grandi interessi finanziari e commerciali e contro l’Europa sociale. Negli anni non si è costruito e non si sono poste le basi per un’Europa dei cittadini. L’UE fa acqua da tutte le parti; internamente, perché ha attuato politiche economiche sfavorevoli al fine di affrontare la crisi, ed esternamente poiché è stata incapace di far fronte a eventi come quelli accaduti in Ucraina, in Africa settentrionale e in Medio Oriente e di conseguenza non è stata in grado di gestire i flussi di rifugiati che cercano di raggiungere luoghi più sicuri. Il Mediterraneo sta diventando un cimitero. Di fronte a grandi problemi, l’Europa ha preferito guardare dall’altra parte e solo adesso, quando le tragedie umanitarie stanno raggiungendo livelli estremi, si cerca di tamponare con piccoli cerotti delle grandi ferite.  In definitiva, non credo che quest’UE del mercato e degli affari possa risolvere i problemi umanitari.