Il 25 e 26 giugno si è tenuto come noto un incontro del Consiglio europeo molto atteso e particolarmente importante ai nostri fini. Il Summit seguiva la pubblicazione dell’Agenda europea sull’immigrazione, la proposta della Commissione di una Decisione sulla ricollocazione di 40.000 richiedenti asilo a beneficio di Italia e Grecia e l’adozione da parte della stessa Commissione di una Raccomandazione (non vincolante) sul reinsediamento di 20.000 persone da Paesi terzi. Tutti documenti da noi analizzati nelle scorse settimane (si veda rispettivamente qui, qui e qui).
Il Consiglio europeo si è riunito in un clima molto teso e, stando a quanto riportato da diversi organi di stampa, la discussione è stata estremamente accesa.
Limitandoci a quanto ci riguarda più da vicino, nelle prossime righe presentiamo la nostra analisi delle Conclusioni del Consiglio europeo, non senza aver prima ricordato che non si tratta ancora di atti legislativi ma di un documento di indirizzo politico che le altre istituzioni europee dovranno seguire per arrivare, in tempi rapidi, all’adozione di veri e propri atti giuridici.
Il Consiglio europeo si concentra su tre aspetti: ricollocazione e reinsediamento; rimpatri; cooperazione con Paesi di origine e transito.
1. Ricollocazione e reinsediamento
Questi i punti su cui il Consiglio europeo ha concordato:
- la ricollocazione “temporanea ed eccezionale” da Italia e Grecia verso gli altri Stati membri di 40.000 persone “in chiaro bisogno di protezione internazionale” nell’arco di due anni. Regno Unito, Irlanda e Danimarca possono non prendere parte a questa ricollocazione (e nelle Conclusioni si dice già chiaramente che il Regno Unito non parteciperà). A questo scopo, si legge ancora nelle Conclusioni, il Consiglio UE adotterà rapidamente una Decisione e gli Stati concorderanno – entro la fine di luglio – sulla distribuzione di queste persone, tenendo in considerazione la situazione specifica di ogni Stato. Questo significa che la proposta della Commissione, che come si ricorderà conteneva già una ripartizione precisa, basata su un indice, viene superata dalle Conclusioni che rimandano invece ad un accordo tra gli Stati la decisione su come dividersi queste 40.000 persone. E’ probabile, sulla base di indiscrezioni circolate in questi giorni, che alcuni Stati (Ungheria? Bulgaria?) decideranno di non accettare pressoché nessuno e saranno gli altri Stati a doversi fare carico della loro quota se si vorrà arrivare ai 40.000.
- la creazione, negli Stati di frontiera (presumibilmente Italia e Grecia), di centri di “accoglienza e prima accoglienza” – con il supporto degli altri Stati, dell’EASO, di Frontex e di Europol – per assicurare la rapida identificazione, registrazione e raccolta delle impronte digitali. Entro la fine di luglio la Commissione presenterà una roadmap a questo scopo sugli aspetti economici, giuridici e operativi.
- un maggior supporto economico ai Paesi di frontiera.
- la partecipazione di tutti gli Stati (questa volta senza eccezioni) al reinsediamento di 20.000 persone in chiaro bisogno di protezione internazionale da Paesi terzi, tenendo in considerazione la situazione specifica di ogni Stato. Qui, come sappiamo, è già in vigore una Raccomandazione della Commissione (2015/914) che contiene una ripartizione sulla base di un indice. Le Conclusioni confermano l’obiettivo dei 20.000 reinsediamenti senza però fare riferimento all’indice della Commissione e, anzi, lasciando intendere, con il riferimento alla “situazione specifica di ogni Stato” che anch’esso potrà essere rivisto (del resto la Raccomandazione, come abbiamo già spiegato nella nostra analisi, è un atto giuridico non vincolante).
2. Rimpatri
Qui il Consiglio europeo, dopo aver ricordato che i rimpatri delle persone che non necessitano di protezione internazionale sono una parte essenziale della lotta contro l’immigrazione irregolare, concorda sulla necessità di mobilitare tutti i mezzi a disposizione per promuovere il rimpatrio dei migranti irregolari verso i Paesi “di origine e di transito” e in particolare concorda sui seguenti punti:
- l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’UE avvierà dialoghi con i principali Paesi di origine.
- la Commissione assicurerà che gli impegni sul terreno della riammissione siano applicati in maniera efficace e che i negoziati su futuri accordi di riammissione saranno conclusi appena possibile mentre nuovi negoziati saranno avviati con altri Paesi terzi.
- le politiche e l’assistenza dell’UE verso i Paesi terzi saranno usate per creare incentivi all’applicazione degli accordi di riammissione e alla conclusione di nuovi.
- gli Stati applicheranno in pieno la Direttiva Rimpatri, sfruttando “tutte le misure” che essa prevede per assicurare il rimpatrio veloce dei migranti irregolari. Le Conclusioni non lo dicono per cui ci sembra opportuno ricordarlo: la Direttiva rimpatri si deve applicare nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Preambolo della Direttiva 2008/115/UE, Considerando n° 24). Inoltre, nello stesso Preambolo (questa volta al Considerando n° 8) si legge che “è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, purché esistano regimi in materia di asilo equi ed efficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement.”
- una revisione del Regolamento Frontex che sarà presentata dalla Commissione per rinforzare il ruolo dell’Agenzia nell’avviare operazioni di rimpatrio.
- la Commissione stabilirà entro la fine del mese di luglio misure al fine di utilizzare l’EASO per coordinare l’applicazione delle disposizioni sul “Paese di origine sicuro” previste nella Direttiva Procedure, al fine di accelerare il trattamento delle domande di asilo (nelle Conclusioni si fa riferimento alla possibilità di stabilire una lista comune UE di Paesi di origine sicuri)
3. Coooperazione con i Paesi terzi
Qui le Conclusioni sono più vaghe e si limitano a concordare sull’opportunità di supportare i Paesi dell’Africa nella lotta contro i trafficanti, di rafforzare la cooperazione in materia di rimpatri e di migliorare la cooperazione e gli investimenti per attaccare alla radice le cause delle migrazioni. Il Consiglio concorda inoltre su una maggiore cooperazione con la Turchia e i Paesi del Medio Oriente (in particolare Libano, Irak, e Giordania).
In sede di commento, ci sembra non sia necessario modificare quanto già avevamo espresso immediatamente dopo la pubblicazione dell’Agenda UE sull’immigrazione.
Per quanto riguarda la novità in materia di ricollocazione di persone “in chiaro bisogno di protezione internazionale”, cioè l’accantonamento del rigido meccanismo di quote obbligatorie proposto dalla Commissione, riteniamo che ciò non sia necessariamente un male nel momento in cui si mantiene fisso l’obiettivo finale delle 40.000 persone da ricollocare. Anzi, ciò potrebbe portare, alla fine dei negoziati tra gli Stati, a cifre (oltre che non troppo distanti da quelle iniziali) leggermente più in linea con la realtà, in quanto gli Stati che rappresentano le destinazioni preferite da parte dei richiedenti asilo siriani ed eritrei potrebbero essere costretti – per non far fallire del tutto l’accordo – a “coprire” almeno in parte le quote verosimilmente abbandonate da altri Paesi quali Ungheria e Bulgaria.
Più in generale, però, ci sembra che dopo questo Consiglio europeo ci siano tutti i presupposti per confermare le nostre perplessità e preoccupazioni per un approccio largamente basato sull’accelerazione dell’esame delle domande di asilo (che, oltre un certo limite, non si sposa con l’accuratezza delle audizioni e con l’approfondimento delle circostanze alla base delle istanze), sul ricorso a concetti discutibili come quello di “Paese di origine sicuro” e sull’uso della forza nella raccolta delle impronte. Un piano che abbiamo ritenuto fin dall’inizio e che continuiamo a ritenere attuabile solo con un largo ricorso al trattenimento e al trasferimento forzoso di decine di migliaia di persone verso Paesi UE dove non vogliono rimanere o verso Paesi di origine e di transito che spesso non si segnalano per il rispetto dei diritti fondamentali.
Infine, ricollegando l’Agenda europea e le Conclusioni del Consiglio europeo all’evolversi della situazione e del fenomeno delle migrazioni forzate, notiamo che qualche giorno fa l’UNHCR ha pubblicato un rapporto da cui emerge che nei primi sei mesi del 2015 sono arrivate più persone via mare in Grecia che in Italia. Per quanto gli arrivi in Italia restino alti, e pare che il 2015 sia destinato a stabilire un nuovo record di sbarchi, non si può non sottolineare come i flussi stiano velocemente evolvendo, spostandosi verso nuove rotte. In questo scenario, una risposta in larga parte emergenziale risulta ancora più iniqua e inadatta. La soluzione della ricollocazione “temporanea ed eccezionale” di 40.000 richiedenti asilo, offerta all’Italia (24.000) e alla Grecia (16.000), sembra tarata sulla realtà del 2014. Oggi, non solo la Grecia ha raggiunto l’Italia come meta degli arrivi via mare, ma anche altri Paesi come l’Ungheria stanno ricevendo numeri record di migranti forzati e dunque la ricollocazione di cui si sta discutendo appare già obsoleta o per lo meno parziale.
E’ sempre più imprescindibile, a nostro parere, una riforma complessiva della politica europea in materia di asilo, che abbia al centro i migranti forzati, i loro legami familiari e di comunità, nonché le possibilità di trovare o creare opportunità lavorative, e che allo stesso tempo analizzi attentamente le reali situazioni di emergenza, applicando per tutti gli stessi criteri.
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