Ancora una nuova tesi per la nostra rubrica Asylum Scholar che sta diventando sempre più ricca di settimana in settimana, grazie ai vostri contributi. A breve riorganizzeremo anche la pagina dedicata sul nostro sito, al fine di rendere i contenuti più facilmente fruibili.
La tesi di oggi, dal titolo “Il trattenimento degli stranieri nel diritto internazionale e dell’Unione europea”, è di Annapaola Ammirati e contiene tra le altre cose anche un riferimento specifico al tema del trattenimento dei richiedenti asilo.
Nelle prossime righe come sempre una breve introduzione della stessa autrice e, in fondo, il link alla tesi completa.
Buona lettura!
Tra le politiche di controllo rivolte ai migranti irregolari rientrano le misure privative della libertà personale, che permettono agli Stati di trattenere queste persone in un luogo sul territorio al fine di facilitare il loro rimpatrio, senza ricorrere necessariamente al diritto penale. Lo sviluppo di strumenti di tutela dei diritti umani, pur non espropriando lo Stato del potere di decidere le condizioni di ammissione dello straniero sul proprio territorio, permette di individuare i limiti di legittimità del ricorso ad una misura detentiva strumentale all’attuazione delle politiche statali in materia di immigrazione, definendo i limiti e i criteri di compressione dei diritti e delle libertà fondamentali. Nel presente lavoro si è cercato di esplorare il grado d’ingerenza sui diritti fondamentali che possa considerarsi legittimo esercizio delle prerogative statali.
I limiti posti alla detenzione sono soggetti a differente interpretazione da parte della giurisprudenza internazionale riguardo sia ai motivi che legittimano il trattenimento, che alle condizioni dello stesso. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo si mostra più permissiva sia rispetto al Patto internazionale sui diritti civili e politici che alla normativa dell’Unione. Tuttavia,
nonostante il tentativo di porre un argine all’abuso dei poteri detentivi, anche per il Comitato dei diritti umani, la protezione della sovranità territoriale resta un obiettivo legittimo.
Anche nel caso del diritto dell’Unione europea, è evidente il prevalere della logica securitaria. È diventato principio comunitario di carattere generale, quello secondo cui ogni Stato membro deve garantire che i cittadini di Stati terzi illegalmente presenti sul territorio siano allontanati.
Gli strumenti di diritto comunitario derivato, come la direttiva “rimpatri” continuano a riflettere i timori degli Stati legati all’ipotetica perdita di sovranità territoriale.
È, infine, contemplata l’opportunità di privare della libertà personale gli stranieri che chiedono asilo, finché la richiesta non è stata esperita, una pratica comune e crescente tra gli Stati. Anche in questa ipotesi l’adozione di strumenti di coercizione della libertà personale mostra profili di dubbia opportunità. Dovrebbe, quantomeno, essere evidente il paradosso per cui la detenzione può
pregiudicare il loro status di persone che richiedono protezione internazionale, poiché non sono sempre informati della procedura per la richiesta di asilo e spesso è la stessa condizione di privazione della libertà ad impedirne l’accesso.
Volendo giungere ad una sintesi, il ridotto grado di tutela accordato ai migranti sembra riconducibile al mancato raggiungimento di un maggiore coordinamento normativo a livello sovranazionale. L’essenza fondamentale del diritto alla libertà personale esige un’impellente armonizzazione. In definitiva, le nazioni moderne sono generalmente forti e stabili e, per questo, non hanno bisogno di sacrificare principi fondamentali per raggiungere livelli tollerabili di controllo sui loro confini. Il ricorso alla detenzione dovrebbe rappresentare l’ultima risorsa e ritrovare la connotazione di misura eccezionale. Il sacrificio della libertà personale deve fondarsi su criteri definiti dalla legge, risultare strettamente necessario ed essere proporzionale rispetto agli scopi perseguiti.
Vai alla tesi completa