Nell’ambito delle attività che abbiamo realizzato (si veda qui e qui) e stiamo realizzando per riflettere sulle ripercussioni della “crisi dell’asilo in Europa”, abbiamo pensato di rivolgere la nostra attenzione ad uno dei paesi dell’Unione Europea più ambiti da parte di richiedenti asilo e rifugiati: la Svezia. In particolare, abbiamo intervistato Sanna Vestin, esperta in materia di asilo e presidente di FARR (Flyktinggruppernas Riksråd), un network indipendente di organizzazioni e gruppi che si battono per il diritto di asilo. Sanna Vestin è una figura centrale nel movimento per il diritto di asilo svedese, come dimostrato dal seguito ricevuto dal suo sito (http://www.sanna-ord.se) e dalla sua pagina twitter (https://twitter.com/Sanna_Vestin), e ci ha raccontato un po’ cosa è successo e sta succedendo nel Paese scandinavo negli ultimi tempi.
Buona lettura!
La Svezia ha registrato un imponente aumento di richieste di asilo nell’ultimo biennio (54.270 nel 2013, 81.180 nel 2014, 162.877 nel 2015) e tale aumento ha rappresentato una sfida importante per il sistema di accoglienza svedese, che è considerato uno dei migliori dell’Unione Europea. Ci può raccontare brevemente cosa è successo nel suo paese negli ultimi mesi?
Innanzitutto, devo sottolineare che la Svezia è stata realmente in prima linea fino ad oggi per quanto riguarda il sistema di asilo. Se prendiamo in considerazione le condizioni di accoglienza, si tratta effettivamente di un buon paese in cui chiedere asilo. Tuttavia, la Svezia rimpatria molte persone e non è facile ottenere una risposta positiva alla propria domanda di asilo. Queste sono cose meno conosciute all’estero e molti richiedenti asilo rimangono molto delusi una volta che arrivano e scoprono queste difficoltà. I siriani in questo senso hanno rappresentato un’eccezione, ma per ottenere protezione devono essere in grado di dimostrare di essere siriani. Da quello che so, il tasso di riconoscimento è maggiore in Italia anche se poi quando incontriamo persone che arrivano dall’Italia scopriamo che spesso hanno incontrato molte difficoltà anche se riconosciute meritevoli di protezione.
Per tornare alla sua domanda, è successo che gli arrivi di richiedenti asilo hanno cominciato ad aumentare sensibilmente ad inizio autunno. Inizialmente, la reazione del governo così come della società svedese è stata molto positiva ed accogliente. Il numero di volontari che ha deciso di contribuire al supporto dei nuovi arrivati è stato incredibile e in quella fase il ruolo di FARR è stato principalmente quello di informare e preparare i volontari, molti dei quali non avevano grosse conoscenze in tema di asilo. Dopodiché, nel giro di poche settimane, gli arrivi hanno cominciato ad essere molto maggiori del solito. Le reazioni istituzionali a tale aumento ed alle forme di sostegno auto-organizzate sono state diverse a seconda dei contesti locali. A Stoccolma, per esempio, i volontari non hanno avuto problemi con la polizia: quest’ultima ha accettato il fatto che alcuni migranti dormivano nelle moschee oppure che altri proseguivano il loro viaggio verso Norvegia o Finlandia. Molte persone infatti volevano soltanto riposarsi qualche giorno per poi proseguire il cammino verso nord e questo è stato un fenomeno nuovo per il nostro Paese. Questo fenomeno è stato accettato in alcune zone, come Stoccolma e Göteborg per esempio, ma non a Malmö o nella Scania, la regione di Malmö. Qui, infatti, la polizia ha deciso che ogni migrante si sarebbe dovuto recare immediatamente all’Agenzia per l’Immigrazione (Migrationsverket) per registrare la propria domanda di asilo. Conseguentemente, i controlli sono stati molto maggiori e giustificati dalla convinzione che molte persone stavano scomparendo, mentre in realtà stavano semplicemente transitando. Alla fine è diventata una questione di ordine e sicurezza ed il governo ha deciso di introdurre i controlli alla frontiera.
D’accordo. Prima di discutere dell’introduzione dei controlli alla frontiera, volevo chiederle qual è stata la risposta dell’Agenzia per l’Immigrazione ad un tale aumento di arrivi?
Negli ultimi mesi l’Agenzia per l’Immigrazione ha dovuto trovare molte nuove strutture in cui alloggiare i richiedenti asilo. Si è quindi rivolta al settore privato (profit) ed ora ci sono molti imprenditori che stanno aprendo nuovi centri di accoglienza e facendo un sacco di soldi. Questi centri sono stati oggetto di numerose critiche per la lontananza dai centri abitati, per il mancato coinvolgimento dei comuni nella loro apertura e perché alcuni imprenditori privati sono entrati nel settore unicamente per i guadagni e quindi ci sono strutture di qualità molto bassa e carenti di personale qualificato.
Interessante, questo è un fenomeno nuovo in Svezia?
Alcuni problemi nel sistema di asilo erano presenti anche prima dell’aumento delle richieste di asilo. Per quanto riguarda l’accoglienza, per esempio, il problema è che una volta esauritisi i posti gestiti dall’Agenzia per l’Immigrazione in appartamenti o centri, quest’ultima si è completamente affidata al settore privato per quanto riguarda il reperimento di strutture e la gestione delle stesse. L’Agenzia per l’Immigrazione ha ricevuto offerte di aiuto da vari attori, come le chiese per esempio, che avevano numerosi posti in cui alloggiare i richiedenti asilo, ma l’Agenzia ha rifiutato tali proposte dicendo di non essere interessata a strutture non in grado di ospitare almeno 30 rifugiati.
È stato possibile alloggiare tutti i richiedenti asilo?
Noi che lottiamo per i diritti dei rifugiati, ma anche la società civile più in generale, non siamo d’accordo con la lettura della situazione che è stata trasmessa dalle istituzioni, secondo la quale il sistema era al collasso e vi erano problemi nella società. L’Agenzia per l’Immigrazione così come l’Agenzia per le Emergenze Civili (Myndigheten för Samhällsskydd och beredskap) hanno cercato di far passare l’idea che il paese non fosse in grado di gestire la situazione. Hanno detto per esempio che i richiedenti asilo dormivano per strada a Malmö: questo sì, è successo, ma giusto per una o due notti.
Solamente a Malmö?
Sì, ma bisogna dire che i problemi sono cominciati quando polizia e governo hanno deciso che tutti si sarebbero dovuti registrare a Malmö. Prima di questa decisione i richiedenti asilo potevano andare dove volevano: molti di loro venivano ospitati da amici o parenti, si riposavano per qualche giorno e poi registravano la domanda di asilo in vari posti. Così in effetti è come deve essere: non stiamo parlando di criminali e non possono essere detenuti solo perché vogliono chiedere asilo. Ad un certo punto, però, contemporaneamente all’avvio dei controlli di frontiera interni(1), la polizia ha deciso che nessuno poteva lasciare la frontiera prima di essere registrato. Il problema è che stiamo parlando di un periodo (metà novembre) in cui c’erano circa 1.000 arrivi al giorno e quindi il piano della polizia non poteva funzionare. La soluzione individuata è stata quella di trasformare una grande sala per eventi vicino a Malmö in un centro di prima accoglienza. Questa decisione ha ricevuto ampie critiche perché le persone non avevano possibilità di uscire: di fatto erano detenuti ma questo non è permesso dalle leggi svedesi. Le forze dell’ordine hanno giustificato il loro operato dicendo che non si trattava di detenzione perché le persone erano ancora considerate in frontiera e ciò era necessario per la registrazione delle richieste di asilo. Ovviamente le condizioni di accoglienza in quella struttura erano molto negative: ci vivevano centinaia di persone, incluse famiglie con minori, ma il posto non era pensato per ospitare un numero così alto di persone per tempi prolungati e quindi i servizi igienici non erano sufficienti. Certamente la situazione che si era venuta a creare non era piacevole, ma si è realizzata perché tutti sono stati costretti a chiedere asilo a Malmö: quindi non era la società svedese a non essere in ordine ma la polizia e la sua gestione del fenomeno.
Poi cos’è successo?
In una conferenza stampa tenutasi lo scorso 24 novembre, il governo ha annunciato che il Paese aveva bisogno di una tregua perché non era più in grado di gestire la situazione. Ha quindi presentato una serie di proposte volte a riformare le disposizioni in materia di asilo, abbassandone temporaneamente gli standard. Queste proposte includono: il rilascio di permessi temporanei invece che permanenti per i titolari di protezione internazionale, la reintroduzione di meccanismi di valutazione dell’età per i minori stranieri non accompagnati, la limitazione del diritto al ricongiungimento familiare per i titolari di un permesso temporaneo e la riduzione delle fattispecie per il rilascio di un permesso per ragioni umanitarie. Ma probabilmente la misura più importante è stata l’introduzione di controlli di identità per chi viaggia in Svezia con trasporti pubblici. I controlli alla frontiera sono stati introdotti con una legge che è stata approvata in 3 giorni. Questa è un’assoluta novità per la Svezia, poiché le nuove leggi devono seguire un iter che generalmente richiede alcuni mesi. Infatti le modalità di approvazione della legge hanno suscitato numerose critiche e persino il Consiglio sulla Legislazione (Lagrådet), ossia l’organo che verifica la costituzionalità delle nuove leggi, ha espresso un parere negativo definendo la nuova legge “emergenziale” e condannando l’eccessivo potere affidato all’esecutivo. Tuttavia, il governo ha ignorato le raccomandazioni del Consiglio e così la legge è diventata realtà.
Le nuove proposte quando verranno discusse in Parlamento?
Erano in programma per il 27 aprile ma proprio alcuni giorni fa sono state rimosse dall’agenda per quella data e al momento non c’è ancora una nuova data. La nostra sensazione è che il governo si voglia prendere un po’ di tempo per modificare le proposte sulla base delle numerose critiche ricevute, per esempio dalle corti o dall’ACNUR. Lo scorso 10 marzo è stato chiuso il processo di consultazione e possiamo dire che le nuove misure sono fortemente criticate da varie componenti della società svedese, non soltanto da ong e movimenti, ma anche dalle chiese, dai sindacati e persino dall’Agenzia per l’Immigrazione stessa. FARR è impegnata in una campagna (http://www.folkkampanjforasylratt.se/en/) contro le nuove proposte governative, che sta conquistando sempre maggior sostegno.
Quali saranno le conseguenze di un’eventuale approvazione delle proposte?
Siamo molto dispiaciuti e spaventati per quello a cui andranno incontro i richiedenti asilo quando realizzeranno che non avranno la possibilità di ricongiungere le proprie famiglie. Senza possibilità di ricongiungimento, cosa dovrebbero fare? Molti uomini sono venuti qui, lasciando le famiglie in altri paesi dell’UE o nel paese di origine o nei grandi campi umanitari nei paesi limitrofi, appositamente per salvarle, risparmiando loro un viaggio lungo e pericoloso, nell’ottica di fare il ricongiungimento in seguito. Il ricongiungimento già era un problema con le disposizioni precedenti, a causa dei tempi lunghi per la domanda e per il nulla osta, ma ora se non possono neppure fare domanda, cosa dovrebbero fare? Si trovano in una situazione impossibile: dovrebbero restare in Svezia e lasciare le loro famiglie oppure dovrebbero tornare nel posto da cui sono scappati? Le persone vengono messe in una situazione impossibile.
Questo è un grande problema ma oltre a ciò c’è anche il fatto che è molto sconfortante ottenere un permesso temporaneo invece di uno permanente. È molto difficile integrarsi nella società con un permesso temporaneo: le persone restano in una situazione di limbo e soprattutto per le vittime di trauma e per coloro che necessitano di riabilitazione è molto difficile guarire in mancanza di stabilità e sicurezza. Inoltre, anche la riduzione dei permessi per motivi umanitari è molto problematica. Fino ad oggi, questo tipo di permessi è stato rilasciato principalmente ai minori ai quali non viene riconosciuta alcuna protezione ma che non possono essere rimpatriati perché non hanno genitori nel paese di origine oppure alle persone con gravi problemi di salute o problemi mentali. Se guardiamo ai casi che verranno colpiti da questa nuova disposizione, ci rendiamo conto che in linea di massima non sarà possibile deportare queste persone. Non capisco come ragioni il governo, cosa abbia in mente.
Infatti, un effetto potrebbe essere quello di aumentare il numero di invisibili ed “irregolari” nel paese, giusto?
Certo, può essere assolutamente. L’intero pacchetto di misure sembra essere indirizzato in special modo ai minori stranieri non accompagnati, perché generalmente non hanno documenti di identità. Coloro ai quali non verrà riconosciuta protezione non potranno essere espulsi finché minorenni ma al compimento del diciottesimo anno potranno esserlo. Noi abbiamo conosciuto molti di questi ragazzi e sappiamo che si daranno alla clandestinità o che persino se rimpatriati poi ripartiranno lo stesso. Stiamo creando giovani “irregolari” e questo è molto deprimente. Non riesco a capire perché il governo voglia operare così.
Direi che il tempo a nostra disposizione è finito. Vorrei concludere l’intervista facendole un’ultima rapida domanda: crede che il sistema di asilo svedese sia ora in “crisi”?
No, non penso. Ci sono sicuramente dei problemi, delle sfide, ma non è in “crisi”. A volte mi capita di parlare a incontri o manifestazioni e generalmente pongo questa domanda ai miei interlocutori: avete notato qualche problema, qualche cambiamento nella vostra vita? La vostra quotidianità è stata in qualche modo colpita da questa presunta “crisi”? Nessuno ha niente di cui lamentarsi perché questo fatto non investe in alcun modo la gente comune: gli unici che hanno problemi sono i rifugiati.
Nota
(1) Infatti, prima della reintroduzione dei controlli alla frontiera di cui si è maggiormente sentito parlare e che riguardano la responsabilità per i vettori, quindi i controlli in partenza verso la Svezia, erano già stati avviati controlli interni nella zona di Malmö a partire dal 12 novembre 2015.