Dopo diverso tempo torniamo ad occuparci di giurisprudenza. Lo facciamo all’interno della nostra rubrica “Sentenze della Corte di Giustizia UE“, dove – come sa chi segue da tempo questo blog – stiamo analizzando, una per una, tutte le sentenze con cui i giudici di Lussemburgo hanno interpretato il diritto dell’Unione in materia di asilo.
Per chi si fosse perso le prime sentenze, consigliamo di visitare questa pagina del nostro sito, dove si possono scaricare tutte le analisi fatte finora.
Oggi ci occupiamo di una sentenza molto importante, che interpreta la Direttiva Qualifiche e, in particolare, la cessazione dello status di rifugiato, toccando diversi punti di grande interesse. Nelle righe che seguono presentiamo come al solito un breve riassunto delle conclusioni a cui è giunta la Corte, rimandando al nostro sito (in particolare a questa pagina) per scaricare la scheda completa di analisi della sentenza Salahadin Abdulla e le altre schede pubblicate finora.
La causa in esame interpreta l’ipotesi di cessazione dello status di rifugiato prevista dall’art. 11, par. 1 lett. e), della Direttiva Qualifiche (Direttiva 2004/83/CE, oggi sostituita dalla Direttiva 2011/95/UE).
Le questioni più importanti in esame sono: 1) se si dà luogo alla cessazione dello status di rifugiato al venir meno del fondato timore di persecuzione, in assenza di motivi ulteriori di timore; 2) se, quando vengono meno le circostanze che avevano determinato il riconoscimento dello status, le eventuali nuove, differenti circostanze che devono essere valutate sulla base di un criterio di probabilità differente rispetto a quello applicabile ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato; 3) se si applica, o meno, a tali nuove circostanze, il regime di alleggerimento dell’onere della prova di cui all’art. 4 par. 4 della Direttiva Qualifiche nel caso in cui l’interessato abbia già subito atti o minacce di persecuzione.
La Corte afferma che cessa lo status di rifugiato quando vengono meno le circostanze alla base del fondato timore di persecuzione e non sussistono altri motivi di timore, purché il cambiamento sia significativo e non temporaneo e qualora il soggetto o i soggetti che offrono protezione nel Paese di origine abbiano adottato adeguate misure al fine di impedire il verificarsi di atti persecutori, garantendo l’accesso dell’interessato a questa protezione.
L’esame del rischio relativo a nuove, differenti circostanze deve avvenire sulla base dello stesso criterio di probabilità applicato ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato. La norma di cui all’art. 4, par. 4 è applicabile, cioè si attribuisce una forte valenza probatoria ad atti o minacce precedenti di persecuzione ma solo qualora l’interessato faccia valere circostanze diverse da quelle per cui era stato riconosciuto rifugiato. Ciò potrà di regola verificarsi solamente quando il motivo di persecuzione sia diverso da quello considerato al momento del riconoscimento dello status di rifugiato e vi siano atti o minacce di persecuzione precedenti collegati al motivo di persecuzione esaminato in tale fase.