Con quasi tre milioni di siriani già fuggiti dal loro Paese (un milione solo nel piccolo Libano), l’Eritrea sotto una dittatura sempre più feroce, la Somalia nella sua ormai ventennale instabilità, il Maghreb in subbuglio per mano dell’estremismo islamico, la Nigeria sconvolta da violenze e più recentemente anche Iraq e Ucraina pesantemente destabilizzati, la Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra in un periodo in cui i movimenti di migranti forzati hanno portata storica.

La risposta dell’Unione Europea finora non è stata certamente all’altezza. Da una parte le istituzioni dell’Unione incapaci di far rispettare i principi stabiliti nei Trattati UE, dall’altra i Paesi Membri con idee ben chiare su come arrestare i flussi: la Bulgaria costruendo un muro per arrestare l’ingresso dei siriani, la Grecia pattugliando con militari e con l’aiuto di Frontex, la Spagna sparando proiettili di gomma su chi prova ad entrare a Ceuta e Melilla, e molti Paesi del nord Europa dando un giro di vite alle politiche dei visti.




In questo quadro generale, la risposta dell’Italia è stata  caratterizzata da estemporaneità ed emergenzialità. 
Mare Nostrum, pur con alcune ombre, è un’operazione di grandissimo impatto e da plaudire. Un’azione in direzione opposta ai vergognosi respingimenti a cui l’Italia aveva fatto ricorso non molto tempo fa e che sono costati al nostro Paese una sonora condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo nel febbraio 2012. 
Al netto di Mare Nostrum, però, le azioni del Governo italiano in termini di accoglienza non possono che definirsi contraddittorie. Se da un lato infatti il sistema SPRAR, certamente una buona prassi italiana, è stato ampliato fino a 19.000 posti – un numero semplicemente impensabile anche solo fino a due anni fa – dall’altro lato la prima risposta agli arrivi del 2014 (certo numerosi ma non impossibili da preventivare) è stata quella di ricorrere all’apertura di strutture improvvisate, individuate da ogni singola prefettura in risposta a richieste del Ministero dell’Interno che spesso lasciano ai Prefetti poche ore per reperire decine di posti sul territorio di propria competenza. Ne consegue che finora sono mancati alcuni elementi fondamentali per un’accoglienza efficace, a partire dalla programmazione con gli Enti locali. Senza contare che, come già avvenuto durante la c.d. “Emergenza Nord Africa” del 2011, nel delicato lavoro di gestione delle strutture sono stati talvolta coinvolti soggetti che non hanno niente a che vedere con la protezione internazionale. 

Da più parti si invoca ora un maggior ruolo da parte “dell’Europa”. Condividiamo tale richiesta: la nostra idea è che la materia dell’asilo sia inevitabilmente europea e servono politiche dell’Unione davvero comuni e che tengano conto della realtà di oggi, profondamente mutata dai tempi delle Convenzioni di Schengen e di Dublino.  Ad esempio, è anacronistico e ormai privo di senso (se davvero siamo in un Sistema europeo comune di asilo) non permettere a chi ottiene la protezione in un Paese di poter subito circolare liberamente negli altri Stati

Cogliamo dunque l’occasione della Giornata mondiale del rifugiato 2014 per ribadire le nostre richieste al Governo italiano

  • di non interrompere le operazioni di salvataggio in mare;
  • di abbandonare le scelte “emergenziali” fatte in questi anni e di arrivare finalmente a un piano pluriennale dell’accoglienza dei richiedenti asilo che sia realistico, basato su stime di arrivi credibili e fondato sulle buone prassi esistenti, a partire dallo SPRAR, e che permetta il raggiungimento di buoni risultati con costi inferiori;
  • di utilizzare il semestre di Presidenza del Consiglio dell’Unione non per invocare “aiuti” all’Italia ma per arrivare al necessario consenso tra gli Stati su alcuni aggiornamenti delle regole europee che sono inevitabili per salvaguardare credibilità e sostenibilità del Sistema europeo comune di asilo; 
  • di non farsi promotore di proposte inutili o addirittura inaccettabili, come il “potenziamento di Frontex”, la costruzione di campi di accoglienza in Libia, l’esame delle domande di asilo fuori dall’UE, etc..
  • di respingere con forza e determinazione, anche utilizzando la visibilità data dal ruolo di Presidenza del Consiglio UE, ogni propaganda xenofoba o razzista.


Le migrazioni forzate di questi anni hanno una portata storica e dipendono da guerre e crisi internazionali che sono sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere: non possono essere affrontate o gestite attraverso “slogan”, ma con serietà, concretezza e solidarietà, sia fra gli Stati membri dell’Unione europea, sia verso chi scappa da contesti di guerra e persecuzione che – non fa mai male ricordarlo, soprattutto in questa giornata – fino a non molti anni fa abbiamo conosciuto anche all’interno dell’attuale Unione europea.