———Vedi anche il nostro più recente post su Frontex plus/Triton———–


Il 14 Ottobre 2013 veniva lanciata con conferenza stampa del Ministro dell’Interno dell’allora Governo Letta l’operazione Mare Nostrum.
In questi mesi abbiamo visto e sentito diverse cose su Mare Nostrum, e oggi cerchiamo di fare un po’ di chiarezza con le informazioni pubbliche disponibili. Non è questo il post in cui prenderemo posizione su Mare Nostrum e se siete interessati alle nostre idee riguardo all’operazione, agli arrivi via mare e alle risposte dell’Italia e dell’Unione europea, vi suggeriamo di leggere i nostri recenti comunicati (qui e qui). 


L’Operazione

Mare Nostrum dovrebbe essere, con le parole usate dall’allora Ministro della Difesa Mario Mauro, “un’operazione militare ed umanitaria che prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare”.


L’Operazione Mare Nostrum ha dunque, secondo il Governo, una duplice missione:

  • garantire la salvaguardia della vita in mare;
  • assicurare alla giustizia  coloro i quali lucrano sul traffico illegale di migranti.


All’interno dell’operazione vengono impiegati personale e mezzi navali ed aerei della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Capitaneria di Porto nonché del personale del Ministero dell’Interno. Il grosso delle risorse viene dalla Marina Militare, come si evince dalla pagina del loro sito in cui vengono elencati i mezzi coinvolti in Mare Nostrum. Sui mezzi di Mare Nostrum è poi presente personale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale dell’Immigrazione. Poliziotti degli uffici immigrazione di alcune questure, insieme agli uomini del Servizio polizia scientifica e ad altri già appartenenti ad una squadra speciale “anti-immigrazione” operativa in Sicilia, si alternano ogni 15 giorni sulle navi della Marina militare. Due mediatori culturali completano il nucleo messo a disposizione dal Dipartimento della pubblica sicurezza.
Da qualche settimana sono cominciate le discussioni tra Malta e Italia per coinvolgere anche le Armed Forces of Malta in Mare Nostrum. Non si è ancora capito bene quale sia il coinvolgimento della Libia. In un comunicato del 28 Novembre 2013, il Ministero della Difesa dichiarava che durante colloqui con il Governo Libico era “emersa anche la possibilità di imbarcare ufficiali libici a bordo delle unità navali italiane impegnate nell’Operazione Mare Nostrum”, ma non abbiamo dettagli più precisi.


I costi

Quando è cominciata l’Operazione Mare Nostrum il Ministro dell’interno Alfano, alla domanda su come si finanziassero i costi, rispose Ci sono i bilanci dei rispettivi ministeri che servono a coprire anche questa operazione”. 

I soldi sono stati stanziati con il decreto sull’emergenza immigrazione, e si tratta di circa 190 Milioni, più 20 Milioni solo per i minori non accompagnati. A questi si devono aggiungere i 30 Milioni promessi dall’Unione Europea nei giorni successivi alle tragedie di Ottobre nel Mediterraneo. Per quanto riguarda i costi effettivi dell’operazione non ci sono cifre ufficiali. Sappiamo però quanto costa tenere in funzione i mezzi che fanno parte del dispositivo aereo-navale. Secondo l’ISPI in totale si parla di circa 12 Milioni di euro al mese, considerando 300 mila euro al giorno per il dispositivo aereo-navale più circa 100 mila euro al giorno per le indennità d’imbarco del personale e i costi vivi di gestione dell’operazione. L’ammiraglio De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ha dichiarato recentemente che il costo di Mare Nostrum si aggira intorno ai 9 milioni di Euro al mese e che “per farvi fronte abbiamo dovuto ridurre le esercitazioni militari e risparmiare così sul carburante e su altro. Il problema però è che occorrono fondi per pezzi di ricambio, per ripristinare i mezzi e per il carburante”. 
Al netto di tutto questo, resta un’ulteriore considerazione, puntualizzata da Alfano ai tempi del lancio di Mare Nostrum: “quando si calcolano i costi, bisogna capire anche quali sarebbero i costi in assenza di questa missione”.


Come Opera Mare Nostrum?

Le regole di ingaggio del personale a bordo di Mare Nostrum non sono pubbliche. Non si sa per certo cosa succeda a bordo dei dispositivi navali. 

Quindi, una volta assistite e soccorse, le persone vengono sbarcate in uno dei tre porti selezionati, Porto Empedocle, Pozzallo o Augusta, anche se recentemente, visti i numeri crescenti, sono sempre di più le persone sbarcate anche a Palermo, Catania e Messina.
L’impressione è che i mezzi aereo-navali di Mare Nostrum operino ben distanti dalla Sicilia, e sotto questo punto di vista siano molto più efficienti rispetto alle motovedette della Guardia Costiera, che impiegano più tempo per dirigersi dove necessario rispetto a Mare Nostrum che tramite delle navi-hub in alto mare riesce poi ad arrivare in tempi brevi sul luogo di crisi.

Un punto interessante riguarda il fotosegnalamento e il prelievo delle impronte digitali. Secondo il Regolamento Eurodac queste dovrebbero essere prese al momento dell’ingresso irregolare in un Paese membro dell’UE. Non ci soffermeremo qui a commentare Eurodac e le sue criticità, ma sarebbe interessante capire con che criterio a bordo vengano prese o meno le impronte ed eseguito il fotosegnalamento ai fini Eurodac
Leggendo alcuni dei documenti pubblici sui siti della polizia, troviamo i racconti di poliziotti che sono stati a bordo di Mare Nostrum come “segnalatori”. A fine 2013 la Polizia aveva persino pubblicato delle statistiche dicendo che “dal 18 ottobre al 23 dicembre sono stati assistiti 2.330 migranti, di cui 1.246 fotosegnalati”. Questi dati ci dicono che pure nel periodo di sbarchi meno intenso la percentuale di persone non identificate a bordo supera il 40% tra tutte quelle soccorse.
A confermare che il fotosegnalamento ai fini Eurodac a bordo di Mare Nostrum non sia la norma concorrono le informazioni che raccogliamo dagli operatori dei centri d’accoglienza.
Cosa succede allora? Sul punto sarebbe opportuno che il Ministero dell’Interno chiarisse ufficialmente. La nostra impressione, confermata da operatori di accoglienza e migranti stessi, è che a non essere fotosegnalati siano le persone intenzionate a proseguire il loro viaggio e chiedere asilo in altri paesi europei e che invece, con l’inserimento delle impronte nella banca dati Eurodac, finirebbero negli ingranaggi del “Regolamento Dublino”.

Nel mondo accademico e delle associazioni in molti han parlato di respingimenti effettuati da Mare Nostrum con riferimento al rimpatrio forzato di migranti a cui non viene concesso, una volta sbarcati, di accedere alla procedura d’asilo. In particolare, il fenomeno riguarderebbe i migranti tunisini ed egiziani.
Questo fenomeno, purtroppo, pare avvenire da molto tempo (qui la denuncia delle organizzazioni partner di Praesidium nel 2013) e sarebbe opportuno che il governo italiano facesse luce sulle basi giuridiche di questi rimpatri e sulle modalità di accesso da parte delle organizzazioni umanitarie ai migranti sbarcati. Sarebbe poi interessante capire come facciano le autorità in così breve tempo a stabilire la nazionalità di tutte queste persone in modo collettivo. Tuttavia, questa pratica non ha molto a che fare con Mare Nostrum, visto che veniva attuata da ben prima che l’operazione venisse messa in campo.


Fattore di attrazione?

Nei primi cinque mesi del 2014 siamo ormai vicini ai 40 mila arrivi via mare in Italia (si può seguire l’account twitter della Marina Militare per conoscere gli sviluppi). Considerando che l’estate, periodo più favorevole per via delle condizioni del mare, deve ancora arrivare, si tratta di numeri consistenti e certamente più alti che in passato. In proporzione, numeri ben più alti che nel 2011 quando si registrò il record di oltre 60 mila sbarchi, anche per via della crisi libica.

Secondo Frontex, nel periodo Gennaio-Aprile l’aumento di arrivi nel 2014, confrontato al 2013, è dell’823%
Questi numeri di per sè però non dicono tutto. Quando guardiamo agli arrivi via mare dobbiamo considerare il continuo aggravarsi della crisi siriana, con oltre 2 milioni e mezzo di persone in fuga dal proprio paese, e la situazione in molti Paesi africani (si pensi al corno d’Africa e alla Nigeria). A questo bisogna aggiungere il deteriorarsi della situazione libica.
Non bisogna inoltre dimenticare che, se i flussi si stanno nuovamente spostando verso la Libia è anche perchè  il canale centrale del Mediterraneo è uno dei pochi rimasto, con molte virgolette, aperto. Mentre nell’Unione Europea la Bulgaria costruisce un muro, nel silenzio di Bruxelles, la Spagna spara proiettili di gomma, e molti paesi del nord Europa applicano un giro di vite alle politiche sui visti, per i moltissimi che scappano da scenari di guerra e persecuzione non resta che imbarcarsi in avventurose, e purtroppo alcune volte mortali, traversate del mare.

Al netto di tutto questo, la stima di 600 mila persone pronte ad attraversare il Mediterraneo, data dal Ministero dell’Interno, ci appare allarmistica. Se da una parte è probabile che il numero di sfollati e profughi in Libia sia elevatissimo, lo spostamento di un numero così elevato di persone richiede percorsi ben più semplici dell’attraversamento del Mar Mediterraneo. Invece, il nostro mare resta luogo di morte per molti (l’UNHCR dice che oltre 170 persone sono morte nel 2014 cercando di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa), essendo la traversata difficilissima e drammaticamente rischiosa.

Ribadiamo ancora una volta che gli spostamenti di persone a cui stiamo assistendo in questi anni hanno radici profonde e una dimensione storica che devono essere comprese e accettate. Occorre prendere atto che, al netto dell’impegno lodevole per il salvataggio di vite in mare, una volta che le persone sono a terra servono politiche serie e realistiche, non emergenziali. Non esistono soluzioni miracolose, sono inutili i proclami e serve a ben poco individuare capri espiatori o continuare a chiedere che “se ne occupino altri”Lo “scaricabarile” a cui stanno partecipando in questi mesi istituzioni europee e Stati membri non è un bello spettacolo e non ci porterà lontano.