Oggi torniamo ad occuparci di Malta.
Lo facciamo con la terza puntata sul sistema di asilo maltese, dedicata all’accoglienza dei richiedenti asilo. Accoglienza “per modo di dire”, se si considera che la stragrande maggioranza delle persone che chiedono asilo nel piccolo arcipelago vengono in realtà trattenute all’interno di centri di detenzione, dove le condizioni sono peraltro definite da numerose organizzazioni internazionali come in violazione dei diritti umani.
E’ un’analisi, quella odierna, estremamente ricca di particolari e approfondita, che siamo sicuri potrà interessare i nostri lettori.
Ricordiamo che le altre puntate sul sistema di asilo maltese, così come le analisi sul sistema di asilo francese e su quello irlandese (e le prossime che pubblicheremo), si possono trovare alla pagina Asilo negli Stati europei.
Buona lettura e grazie come sempre a chi ci farà avere riscontri!
MALTA
3. Accoglienza dei richiedenti asilo
Il sistema d’accoglienza maltese per i richiedenti asilo cambia radicalmente a seconda che il richiedente sia giunto in modo regolare o irregolare.
Richiedenti asilo arrivati irregolarmente
Inizieremo analizzando la situazione di chi arriva in modo irregolare, dato che questi sono la grande maggioranza. Infatti, la posizione geografica di Malta comporta che una parte consistente delle richieste d’asilo venga avanzata da migranti arrivati via mare, e quindi irregolarmente, da paesi Nord Africani.
Come accennato precedentemente (V. parte 2-Avvio della procedura) i richiedenti asilo arrivati a Malta in modo irregolare e senza documenti vengono automaticamente detenuti.
I migranti vengono così trasferiti in una delle due aree di detenzione attualmente attive: Lyster Barracks e Safi Barracks.
Lyster Barracks è composto da 5 zone dove vengono collocati donne, uomini, coppie e famiglie.
Safi Barracks, dove vengono ospitati solamente uomini, è composta da B Block e dalle Warehouses, due capannoni che ospitano ognuno fino a 330 migranti.
La politica di detenzione non prevede eccezioni, nemmeno per categorie vulnerabili (minori, donne incinte, disabili, anziani, vittime di tortura, persone con gravi patologie), che sono quindi detenuti con gli altri.
Esiste una procedura per accertare l’età o la vulnerabilità, per cui è responsabile l’AWAS (Agency for Welfare of Asylum Seekers). Questa procedura tuttavia può durare fino ad alcuni mesi durante il periodo estivo in cui si concentrano la maggioranza degli arrivi.
La durata massima del periodo di detenzione, fino al Marzo 2011, non era specificata in alcuna legge, ma per prassi veniva rispettato il limite di 18 mesi previsto in un documento del 2005 (“Irregular immigrants, Refugees and Integration“). Nel 2011 Malta ha implementato (con il “Return Regulation“) la Direttiva UE sui Rimpatri (Direttiva 2008/115/CE) che prevede proprio 18 mesi come limite massimo alla detenzione per i migranti irregolari.
Caso Louled Massoud c. Malta, 27 Luglio 2010, Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nell’estate del 2010 la CorteEDU ha condannato Malta per l’assenza di un effettivo ricorso contro la legittimità dell’ordine di detenzione, censurando la lunghezza del procedimento di revisione, che si limita a un sindacato sulla ragionevolezza della stessa e che peraltro dura non meno di 28 giorni e fino a 86 giorni.
Nella sentenza (al par. 68), La Corte cita anche le misure alternative alla detenzione, spiegando che risulta difficile ritenere inevitabile la detenzione per evitare la fuga di un migrante in una piccola isola come Malta, in cui non esistono realistiche possibilità di fuga che non mettano a repentaglio la vita della persona.
La detenzione, così come prevista dal Governo maltese, risulta quindi arbitraria secondo la CorteEDU, perché in violazione del principio di libertà e sicurezza così come garantito dall’Articolo 5(1) (4) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Sulle condizioni di detenzione nei centri maltesi sono state pubblicate diverse analisi. Tutte le organizzazioni che hanno visitato i centri hanno parlato di condizioni che violano i diritti umani.
In particolare, la preoccupazione maggiore riguarda la condizione di minori e persone “vulnerabili” che passano periodi lunghi in questi centri. Infatti, le condizioni materiali non sono adeguate alle esigenze delle persone “vulnerabili” e in particolare di coloro che soffrono di cattive condizioni di salute, che non sempre ricevono cure adeguate. Le possibilità delle ONG sono limitate e molto spesso non riescono a fronteggiare la richiesta.
Non dello stesso avviso sono invece alcune corti maltesi. In particolare la Corte Civile, nel Dicembre 2009, si è ritrovata – nel caso Essa Maneh – a dover giudicare le condizioni di detenzione e la loro conformità con i diritti umani. Secondo la Corte, non solo le condizioni di detenzione non rappresentano trattamenti inumani e degradanti, ma sono anche di un livello accettabile nella particolare condizione maltese.
Con un linguaggio quantomeno sprezzante, la Corte è arrivata a dire che “la detenzione può essere considerata nelle particolari circostanze del nostro Paese, come una misura necessaria richiesta per garantire la stabilità del Paese, e per evitare un diluvio di persone irregolari che scorrazzino in giro per Malta”
Richiedenti asilo arrivati regolarmente
Hanno accesso ai centri d’accoglienza i richiedenti asilo arrivati regolarmente sul suolo maltese e in possesso dell’asylum certificate (V. su questo Parte 2-Avvio della procedura di asilo), o chi è stato rinviato a Malta attraverso la procedura di Dublino, oltre che i beneficiari di protezione internazionale.
Anche i richiedenti asilo rigettati in prima istanza e in appello, ma che Malta non riesce a rimpatriare, hanno accesso ai centri d’accoglienza. Questi ultimi però risiedono nei centri solo per brevi periodi e il loro non è un vero e proprio diritto ma più una concessione del Governo.
Il 3 Agosto 2012, secondo dati del Ministero dell’Interno maltese, 1672 persone risiedevano nei centri d’accoglienza, e il 21 % erano richiedenti asilo che avevano visto rigettata la propria domanda.
Esistono specifici centri di accoglienza per minori, per madri con figli e per famiglie. I due centri di accoglienza più grandi sono Hal Far Tent Village e Hal Far Hanger, situati vicini all’aeroporto, in aree abbastanza periferiche e proprio di fronte al centro di detenzione Lyster Barracks.
E certo le condizioni all’interno di questi centri di accoglienza non possono dirsi buone. In passato alcune organizzazioni internazionali hanno alzato la voce per denunciare le pessime condizioni igienico-sanitarie del Tent Village, che prende il nome dalle tende in cui fino al 2011 vivevano gli ospiti.
Tutti i centri d’accoglienza maggiori sono gestiti dall’Agency for Welfare of Asylum Seekers (AWAS). Un solo centro d’accoglienza, il Marsa Open Centre, è gestito dall’ONG Foundation for Shelter and Support to Migrants, e alcuni ulteriori posti di accoglienza sono offerti da organizzazioni cattoliche come la Malta Emigrants Commission.
I residenti nei centri dell’AWAS firmano un integration and service agreement (ISA), sulla base del quale ricevono un contributo economico che varia a seconda dello status.
Ulteriori informazioni sul contributo ISA si possono trovare nel rapporto ANDES del Jesuit Refugee Service di Malta
Possibilità di svolgere attività lavorativa per i richiedenti asilo
Dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda d’asilo – se ancora non è intervenuta una decisione – il richiedente riceve il permesso di lavorare. Questa disposizione è stata implementata nel 2005 con la trasposizione della Direttiva Accoglienza. Per garantire il suddetto accesso al mercato del lavoro, le autorità maltesi sono costrette a rilasciare dai centri di detenzione i richiedenti asilo che si trovino senza una decisione definitiva sulla loro domanda d’asilo dopo 12 mesi.
Questo diritto a svolgere l’attività lavorativa incontra però un importante ostacolo nell’articolo 11(4) del Regolamento per l’Accoglienza dei richiedenti asilo. Si prevede infatti che nell’accesso al mercato del lavoro venga data priorità ai cittadini dei Paesi dell’Unione Europea e ai cittadini di Paesi terzi con regolare visto lavorativo. Nella sostanza, dunque, l’esercizio del diritto a svolgere attività lavorativa risulta difficoltoso.