Il 22 settembre sono state rese note le Conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE in due cause riunite (C-411/10 N.S. e C-493/10 M.E. e altri) sull’interpretazione del Regolamento Dublino, sottoposte alla Corte di Lussemburgo, rispettivamente, da un giudice del Regno Unito e uno irlandese.
Tali Conclusioni, per quanto non vincolanti, sono ovviamente molto importanti in vista della sentenza della Corte, che arriverà più avanti.
Le cause che hanno originato queste due richieste riguardano alcuni richiedenti asilo che, avendo presentato domanda nel Regno Unito o in Irlanda dopo essere stati arrestati in Grecia per ingresso clandestino, dovrebbero essere trasferiti in quest’ultimo Stato ai sensi del Regolamento Dublino.
I giudici, consapevoli del rischio per i richiedenti asilo di subire una violazione dei loro diritti fondamentali a causa della saturazione del sistema greco di asilo hanno chiesto, in sostanza, alla Corte di Giustizia di stabilire se e a quali condizioni gli Stati membri possano, o debbano, in base all’art. 3 (2) del Regolamento Dublino (“clausola di sovranità”) farsi carico dell’esame di una domanda di asilo, nonostante la responsabilità primaria sia di un altro Stato, qualora il trasferimento verso quest’ultimo esporrebbe il richiedente asilo a un rischio di violazione dei suoi diritti fondamentali.
Vale la pena sottolineare alcuni passaggi delle Conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C-411/10:
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nel decidere se esaminare o meno una domanda di asilo per la quale non sarebbero responsabili, gli Stati membri devono rispettare la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (§ 83);
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il “Sistema Dublino” non tiene conto delle differenze nei sistemi di asilo dei vari Stati né del trattamento del richiedente asilo nello Stato verso cui deve essere rinviato. Ciò, sulla carta, non è contrario alla Carta dei Diritti Fondamentali UE, né alla Convenzione di Ginevra o alla CEDU. Infatti, tutti gli Stati sono tenuti a rispettare norme minime fissate nelle Direttive UE (Accoglienza, Qualifiche, Procedure) e tutti hanno aderito ai trattati internazionali rilevanti in materia (§ 95);
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tuttavia, è evidente che il sistema greco (come rilevato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in M.S.S. c. Belgio e Grecia) è sottoposto a una pressione considerevole, a causa della quale non può più essere garantito che i richiedenti asilo saranno trattati in conformità con le rilevanti Direttive UE e non può escludersi che i richiedenti rinviati in Grecia ai sensi del Regolamento Dublino andranno incontro a trattamenti proibiti dalla Carta dei diritti fondamentali UE, dalla Convenzione di Ginevra e dalla CEDU (§ 105);
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poiché gli Stati devono applicare il diritto UE in una maniera conforme ai diritti fondamentali e poiché l’art. 3 (2) del Regolamento Dublino riconosce loro un margine di manovra tale da permettere tale applicazione conforme ai diritti fondamentali, gli Stati membri sono obbligati ad esercitare il loro diritto a esaminare una domanda di asilo, qualora via sia un rischio di violazione dei diritti del richiedente asilo in caso di rinvio (§ 119, 122, 127);
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al contrario, rischi di violazione di singole disposizioni delle Direttive UE in materia, ma che non costituiscano anche violazione dei diritti fondamentali, non bastano a creare tale obbligo sullo Stato membro che trasferisce il richiedente (§ 123);
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l’applicazione del Regolamento Dublino sulla base della presunzione inconfutabile che i diritti del richiedente asilo nel secondo Stato membro saranno rispettati è incompatibile con l’obbligo degli Stati di applicare il Regolamento Dublino in maniera conforme ai diritti fondamentali. Ciò non significa che, in linea di principio, non si possa procedere sulla base di una simile presunzione, a patto che sia data al richiedente la possibilità concreta di contestarla (§ 131, 133, 136);
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leggi interne che prevedano, qualora la decisione di trasferire un richiedente asilo ai sensi del Regolamento Dublno sia riesaminata, che i giudici devono partire dalla presunzione inconfutabile che lo Stato responsabile non espellerà il richiedente verso un Paese in violazione della Convenzione di Ginevra e della CEDU sono incompatibili con l’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (diritto a un ricorso effettivo) (§ 164)
Ricordiamo ancora una volta che la Commissione europea ha inserito, nella sua proposta di rifusione del Regolamento Dublino – sulla quale ben pochi passi avanti sono stati fatti in sede di negoziati – un meccanismo di sospensione dei trasferimenti di richiedenti asilo verso un Paese in caso di pressione eccezionale sul suo sistema di asilo o di non conformità degli standard di protezione con il diritto UE.
Ad una prima lettura, le Conclusioni dell’AG sembrano indicare requisiti più stringenti (violazione dei diritti fondamentali), ma è comunque chiarissima sul principio: non vi è possibilità di “fiducia cieca” fra gli Stati membri, ogni presunzione di rispetto dei diritti fondamentali nel Paese responsabile per l’esame della domanda deve essere confutabile.
E il Regolamento Dublino contiene già al suo interno le regole (in particolare l’art. 3 § 2) che permettono agli Stati di applicarlo in maniera compatibile con la protezione dei diritti fondamentali (§ 119).
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